La piccola grande Italia di Mancini: senza "blocchi" e con i big che vengono dalla provincia

Foto Mancini
di Alessandro Angeloni
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Venerdì 18 Giugno 2021, 07:30

Una Nazionale che vien dalla provincia, che non si fa bella con i calciatori da Champions o da Superlega. Una nazionale di talento e poca esperienza internazionale. Eppure, tremare l’Europa fa. Ed ecco perché la nostra è una “piccola grande Italia”. Di estrazione provinciale, di rappresentanti di club di “provincia”. Quel calcio che si fa nei piccoli centri di Jesi, luogo di nascita del ct Mancini, nei cortili di Castellammare di Stabia da dove arriva Donnarumma, nelle piazze di Torre Annunziata, nella periferia di Napoli, che ha dato i natali a Immobile o dalle parti di Cosenza, da dove arriva il timido Berardi, ormai titolarissimo. Su è giù per l’Italia, da Lecco (Locatelli) a Foligno (Spinazzola), dal vicentino (le origini di Jorginho) a Viterbo (Bonucci). E dalla provincia di nascita alla provincia di formazione. C’era una volta il “blocco”, ora ci sono i blocchetti. Se andiamo a ricordare la Nazionale di Bearzot (1982), notiamo che nella formazione titolare c’erano sei calciatori della Juventus (Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, e Rossi). In quella del 2006, tra i titolari o presunti tali, cinque (Buffon, Zambrotta, Cannavaro, Del Piero e Camoranesi), più c’era il blocco Milan, con Nesta, Pirlo, Gattuso, Gilardino e Inzaghi). Il resto era eccellente “contorno” delle altre squadre, dell’interista Materazzi e dei romanisti Totti, De Rossi e Perrotta. Campioni del mondo con le vecchie modalità, che Mancini sta cercando di invertire, o inverdire. Oggi, l’Italia, della squadra che ha vinto lo scudetto, l’Inter, ha Bastoni, che non è un titolare azzurro, e Barella. Il parco attaccanti è rappresentato da Lazio (Immobile), Napoli (Insigne) e Berardi (Sassuolo), che in campionato sono cadute dal quarto posto. Sempre del Sassuolo, squadra arrivata ottava in campionato, oltre a Berardi, ci sono il protagonista dell’altra sera, Locatelli e il ragazzino inserito all’ultimo momento, Raspadori. E’ rimasto della Juventus il blocco storico della difesa azzurra, che anno dopo anno perde qualche pezzo, (dopo gli addii di Barzagli e Buffon), composto da Chiellini e Bonucci, capitano e vice. Tanto talento e poca esperienza, come ricorda spesso Mancini. La Superlega è la scatola dei sogni, la realtà racconta altro. Il calcio vero non è detto sia solo nelle metropoli. Dopo le due partite della Nazionale abbiamo capito che il talento si trova anche in provincia e che si possa comunque fare bella figura, anche con un ormai ex “piccola” come l’Atalanta, che alla Nazionale ha regalato Toloi e Pessina. Ed ecco che Locatelli fa tremare Verratti, che respira il calcio di Parigi e del Psg, che Berardi ha messo in panchina Chiesa, nonostante il buon campionato nella Juve. Il vice di Immobile, ovvero Belotti, è il centravanti del Toro, squadra che ha lottato fino alla fine per non retrocedere. Si sono ribaltate le abitudini, insomma. Anche Luis Enrique ha dato questo segnale, non convocando i calciatori del Real.
CAMBI E PRECEDENTI
Per la gara di domenica contro il Galles, Mancini ne farà riposare molti e ne ha di ragazzi da mettere in mostra.

Chiellini, che ha riportato una contrattura al flessore, non sarà comunque disponibile e rischia di saltare anche gli ottavi. Verratti è in fase di recupero, ieri ha disputato l’amichevole contro la Cremonese (9-1, triplette di Chiesa e Belotti, più due reti di Pessina e quella di Bernardeschi) , e spera in un posto, così come Florenzi. Cambi in difesa: si candida l’ex romanista, con Toloi e Emerson, i candidati a sostituire Di Lorenzo e Spinazzola. Cambi anche a centrocampo, con i possibili innesti di Cristante e Pessina. Davanti, ecco in fila Belotti, con Chiesa e Bernardeschi. Se non è turnover di massa, poco ci manca. La terza partita di solito serve per motivare “le riserve”, per rendere tutti partecipi. Come fece Lippi nel 2006, quando alla fine non regalò minuti solo ai due portieri di riserva, Peruzzi e Amelia. Zoff e Conte si trovavano nei rispettivi Europei (2000 e 2016) nelle stesse condizioni di Mancini, ovvero erano reduci da due vittorie di fila e tutti e due, alla terza, hanno effettuato otto cambi. L’obiettivo, turnover o meno, resta il primo posto, anche se dagli accoppiamenti previsti dal tabellone, poco conviene. Perché in caso di primato, l’ottavo (a Wembley) è contro una tra Ucraina e Austria, mentre ai quarti (a Monaco) e in semifinale potrebbero capitare Belgio e Francia. Se si arriva secondi, Russia o Finlandia agli ottavi (Amsterdam), fino alla finale avrà forse Olanda, Inghilterra o Spagna. Ma calcoli in azzurro non se ne fanno. Tanto per non essere provinciali.

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