Iran, i calciatori non cantano l'inno: tifosi divisi tra sostegno e insulti. Il ct Queiroz: «Chi non vuole supportarli resti a casa»

I sostenitori iraniani hanno subito cominciato a fare «buuuu» quando si sono accorti che i giocatori rimanevano muti durante l'inno. In molti hanno mostrato il dito medio verso il campo, altri il pollice verso

Iran non canta l'inno prima della partita contro l'Inghilterra. I tifosi li insultano dagli spalti
di Marco Prestisimone
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Lunedì 21 Novembre 2022, 14:12 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 12:56

C'è chi ha ricordato il pugno chiuso di Tommy Smith e John Carlos a Città del Messico. Non sarà la portata di quel gesto enorme, ma la scelta dei giocatori dell'Iran di non cantare l'inno prima del match di esordio ai Mondiali in Qatar con l'Inghilterra è una decisione che fa quel rumore lì, quello che suona di rivoluzione. Perché gli undici eroi iraniani sono rimasti muti, mani sulle spalle dei compagni, mentre nello stadio risuonavano le note dell'inno. Una sfida al mondo e specialmente al regime, quello che in patria da settimane stanno combattendo giovani, donne, anziani. Sugli spalti c'è chi li insulta, ma c'è anche chi piange e chi con i propri cartelli dimostra la vicinanza a quei giocatori e a quelle proteste. 

Le proteste in Iran arrivano in Qatar

 

Le ripercussioni delle proteste in Iran arrivano fino in Qatar, dove la nazionale è impegnata nella prima partita del girone contro l'Inghilterra. I calciatori non hanno cantato l'inno prima del match di esordio, ricevendo gli insulti dei tifosi, fischi inclusi.

Dalla tribuna in cui sono assiepati, i sostenitori iraniani hanno subito cominciato a fare «buuuu» quando si sono accorti che i giocatori rimanevano muti durante l'inno. In molti hanno mostrato il dito medio verso il campo, altri il pollice verso. Dalla curva iraniana, una bordata di fischi.

Tutti gli 11 giocatori schierati al centro del campo sono rimasti in silenzio durante l'inno nazionale e l'impatto nello stadio Al Khalifa di Doha è stato ancora più forte poiché subito prima metà dello stadio che è in mano agli inglesi aveva intonato all'unisono «God Save the King». Ieri, il difensore Ehsan Hajsafi aveva dichiarato in conferenza stampa che la nazionale iraniana in questo mondiale rappresenterà «la voce del suo popolo». 

 

Iran, i giocatori non cantano l'inno: la spiegazione

Ma perché questa decisione? In Iran è in corso da oltre 2 mesi una drammatica protesta contro il regime, esacerbata dalla morte della 22enne manifestante Mahsa Amini, dopo il suo arresto per mancato rispetto delle regole islamiche per indossare il velo. Da quel giorno, il 16 settembre scorso, sono stati 378 i morti nelle strade secondo l'ONG Iran Human Rights, con sede in Norvegia, oltre 15.000 gli arrestati. Una rivoluzione che non ha lasciato indifferenti neanche i calciatori. Ma che evidentemente non è piaciuta ai tifosi che erano lì. A Teheran i manifestanti hanno chiesto l'esclusione dal torneo, così tutta la squadra si è interrogata sull'atteggiamento da tenere per non dimostrare indifferenza rispetto alle proteste.

 

Tra i tifosi il cartello "Women Freedom"

Ma c'è stata una parte del pubblico che ha manifestato in senso contrario: nel settore dove si trovano i tifosi dell'Iran, compresi quelli che hanno fischiato i calciatori che hanno cantato l'inno, ce ne sono altri, sia uomini che donne, i quali mostrano cartelli con i colori della bandiera nazionale e le scritte «Freedom for Iran» e «Woman Life Freedom».

La rabbia del ct Queiroz: «Chi non vuole supportare la squadre, resti a casa»

«Questi ragazzi vogliono giocare a calcio, non fategli lezioni o finte morali». Il ct dell'Iran, il portoghese Carlos Queiroz, scende in campo a difesa dei suoi giocatori, fischiati da una parte del pubblico per non aver cantato l'inno prima della partita con l'Inghilterra in segno di solidarietà ai manifestanti iraniani. «Chi non vuole supportare questi ragazzi, dovrebbe restare a casa - ha aggiunto Queiroz -. Abbiamo le nostre opinioni e le esprimiamo quando pensiamo sia giusto. Questi ragazzi vogliono giocare per il loro popolo. Ma sono ragazzi, e questa atmosfera pesa».

 

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