Inzaghi, Sarri e Conte, ovvero: il bello, il buono e il cattivo

Inzaghi, Sarri e Conte, ovvero: il bello, il buono e il cattivo
di Emiliano Bernardini
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Mercoledì 12 Febbraio 2020, 07:30
Conte, Sarri e Inzaghi sono le tre perfette declinazioni di Inter, Juve e Lazio, citate rigorosamente in ordine di classifica. Eccole le tre duellanti per lo scudetto ai blocchi di partenza. Il cattivo, il brutto e il bello in senso astratto descrivono, invece, i momenti diversi che i tecnici e quindi le rispettive squadre stanno passando. Un solo punto divide il giovane Simone dal veterano Conte e dal capitano di lungo corso Sarri. Da qui a fine anno tutto può succedere. Dopo otto anni di cannibalismo bianconero il campionato ha riscoperto il brivido dell’incertezza. 
LA BELLEZZA DI SIMONE
Partiamo da Inzaghi, l’outsider di questa corsa. Questa estate nessuno lo avrebbe mai inserito tra i possibili vincitori dello scudetto. Lui, zitto zitto e a testa bassa, si è fatto spazio tra i big confermando le sensazioni su di lui: è un grande allenatore. Il bello inteso come sogno, favola. Ma anche come bellezza del gioco espresso. La Lazio è di gran lunga quella che delle tre esprime il miglior calcio. Simone è un “maniaco” dei numeri e li applica con precisione matematica. Calcoli esatti. Uscire dall’Europa League e dalla coppa Italia per avere il vantaggio della sola gara a settimana per colmare una panchina decisamente più corta rispetto a quella degli altri due. Simone è il bello che avanza e non è un caso che in estate la Vecchia Signora lo abbia corteggiato. Ha creato un gruppo d’acciaio che lo segue in questa pazza idea e che soprattutto lo considera un padre da compiacere. E’ il meno “ricco” ma i soldi non fanno certo la felicità. Unico punto a sfavore: la mancanza d’esperienza a lottare così in alto. 
LA CATTIVERIA DI ANTONIO
La vittoria in rimonta nel derby contro il Milan ha palesato tutta la ferocia del suo allenatore. Tutta la fame di vincere che sta trasmettendo ai suoi. Lo faceva alla Juventus, lo ha fatto con l’Italia e lo sta insegnando anche ai nerazzurri. L’ultima volta un insegnamento simile lo aveva impartito un tale Jose Mourinho. Non a caso l’uomo del triplete. Antonio sa di non poter fagocitare tutto. Gli basta vincere lo scudetto ai danni della sua ex. E’ quello più esperto dei tre e l’unico che sa come si vince in grande. Conte è un mix tra un sergente di ferro e un vate. Insegna e pretende. E non necessariamente in questo ordine. E’ capace di ricaricare le pile dei suoi in un tempo brevissimo. Dal nero all’azzurro è stato un attimo. Dai pareggi da mal di pancia alla rimonta da mal di testa. Ha sbattuto i pugni sul tavolo per avere altri uomini votati alla causa. Li ha ottenuti e ora è lui a non avere scuse. Vittoria obbligata. E i nerazzurri, in questo nuovo film del campionato, sono i favoriti per l’oscar. 

IL MOMENTACCIO
Se la Lazio vive la corsa scudetto con la mente libera, se l’Inter la vive come quella della vita, per la Juve è quasi un incubo. L’ex Antonio ha conservato il piglio e la fame di quando vestiva bianconero, il desiderato Simone ha confermato di essere bello davvero. Un periodo più nero che bianco quello dei tifosi e della dirigenza bianconera. Tutto il peso è sulle spalle di Sarri. L’uomo fissato con il gioco, il Sarrismo si diceva. Peccato che a Torino ancora non l’abbiano visto. Alla Juve si è obbligati a vincere e farlo dopo Conte e Allegri è ancor più difficile. Ferocia e pragmatismo. Al momento Maurizio ha dimostrato di non avere nessuna di tutte e due. Che ila sua idea di calcio mal si sposi con i campioni? E’ arrivato tardi nel mondo pallonaro che conta ma in breve tempo ha fatto un salto triplo. Per assurdo arrivando al top in troppo poco tempo. Sette mesi di dubbi. Forse anche da parte della dirigenza bianconera. Nell’incontro, seppur programmato, con il tecnico Agnelli e il ds Paratici hanno chiesto spiegazioni pur ribadendo la propria stima. Sarri prende appunti. Ora però è il caso che vengano messi in pratica. Il brutto anche guardando alla classifica: la Juve ha 9 punti in meno di un anno fa dopo 23 partite. Il bello ne ha raccolti 15 in più con la Lazio e il cattivo con l’Inter già 11.
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