“Mister Meraviglia” Spalletti: così ha ricostruito l'Inter

“Mister Meraviglia” Spalletti: così ha ricostruito l'Inter
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 10:52
Mannaggia. Ha detto proprio così. Mannaggia. Lui ci credeva. Credeva fosse possibile vincerla. Forse ancora oggi è l'unico interista insoddisfatto. Tutti gli altri, dirigenti, giocatori, tifosi, sono tornati da Napoli convinti di avere svoltato, di avere dimostrato di essere da scudetto. Luciano Spalletti no. E' stato per molti sorprendente, dopo la partita. L'ha giudicata un'occasione persa. Contro una squadra che veniva da altre due impegni durissimi in otto giorni, Roma e Manchester City, e perciò non aveva, non poteva avere lo sprint e la brillantezza dei tempi migliori.
 

L'OBIETTIVO
Eppure il Napoli ha avuto più possesso palla, ha prodotto un maggior numero di attacchi, ha tirato di più, ha costretto il portiere avversario a interventi decisivi. Tutto vero, ma non era il solito Napoli, sembrava marciasse a un minor numero di giri del motore. Ci voleva più coraggio, ha pensato e detto Spalletti. Bisognava sfruttare meglio quegli spazi centrali che si potevano attaccare. L'Inter non lo ha fatto. Il punto ora è capire se per paura, come pensa il suo allenatore, oppure perché in realtà non è in grado di farlo. Da qui passa il discrimine fra una squadra che ancora può crescere, e quindi competere anche per il titolo, e una in lotta per terminare fra le prime quattro. L'Inter di oggi è una formazione solida, nemmeno lontana parente da quella dissipatrice del campionato scorso. Spalletti le ha dato una quadratura che non aveva. La difesa è sempre attenta e ben protetta. Un po' meno convincente la fase offensiva: non ci sono meccanismi di pressing collaudati, il recupero palla avviene molto indietro e quindi la manovra diventa troppo elaborata, se non riescono subito le percussioni o le imbucate centrali, unica possibilità quando, come al San Paolo, gli esterni, Candreva e Perisic, sono più preoccupati di proteggere i terzini, non all'altezza, che di sostenere gli attacchi. Icardi è il fulcro del gioco, in realtà dipende tutto da lui, nel bene e nel male. Riesce a trasformare in oro ogni pallone che tocca, soprattutto in area, ma ne tocca troppo pochi. Se il baricentro della squadra è basso, come a Napoli, lui resta troppo alto, disconnesso dai compagni. Il suo posizionamento non aiuta. Ma l'impressione è che, nelle partite più impegnative, non aiuti neppure il sistema di gioco prediletto da Spalletti.

L'ATTACCO
Il centrocampista incursore, cioè il falso trequartista, nell'organico dell'Inter non c'è: Borja Valero, maestro di calcio, è un metronomo, non uno che gioca a strappi e si butta dentro; Joao Mario ha la gamba della mezzala, andrebbe meglio anche da esterno; Brozovic forse è quello che si avvicina di più all'idea dell'allenatore, ma è più tecnico che fisico. Forse Spalletti potrebbe provare a cambiare, magari utilizzando un altro attaccante alle spalle di Icardi, in modo da dargli sostegno e accorciare la squadra. Ma la rosa nerazzurra è limitata, le alternative ridotte, figuriamoci se si dovesse fermare Icardi. Resta il vantaggio di non giocare le Coppe. Sempre che lo sia. L'Europa prosciuga le energie, ma aumenta le conoscenze.
 
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