Roma, laboratorio per la Champions

Fonseca
di Ugo Trani
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Venerdì 1 Novembre 2019, 07:30
Nitida l’immagine dalla Dacia Arena: se la squadra resta in pieno controllo in campo, l’allenatore lo è in panchina. Questa la Roma di oggi. Che lavora di gruppo per tenersi stretta la zona Champions, con i giocatori in scia di Fonseca, trascinatore e stratega. Con regole e schemi. Cioè il comportamento e la traccia. E la chiarezza. Il nuovo salto verso l’alto dipende, comunque, dalla continuità: la Roma è di nuovo al 4° posto dopo i 2 successi di fila contro il Milan e l’Udinese. Accadde pure alla quarta giornata, dopo quelli contro il Sassuolo e il Bologna e prima di cadere in casa con l’Atalanta, ad oggi l’unico ko in 13 partite stagionali, alle quali bisogna aggiungere pure le amichevoli estive.

LOGICA AL POTERE
Fonseca non s’inventa mai niente. È coerente anche quando spiega alla vigilia di un match, senza magari anticipare le sue mosse, come mettere i giocatori a proprio agio. L’esempio è proprio la posizione di Mancini che non ha certo tirato fuori da cilindro. Si è confrontato con l’interessato che nei Giovanissimi Nazionali della Fiorentina (campione d’Italia 2011) interpretò bene il ruolo di mediano. Ora, senza Cristante e Pellegrini (e Diawara), è il simbolo del nuovo corso. E del 4-1-4-1 camaleontico che permette alla Roma di attaccare con il tridente, il doppio trequartista e i terzini in alternanza. E di difendere con il 4-2-3-1 (o il 4-4-1-1).

NESSUN COMPROMESSO
Il coinvolgimento del gruppo passa attraverso la sincerità di ogni scelta (scartati ad esempio gli svincolati Rodwell e Buchel). Il portoghese non conquista la stima dei giocatori perché fa ruotare gli interpreti, usando il turnover come avviene altrove. Lui li chiama in causa solo quando e dove ne ha bisogno. Non li schiera tanto per farli contenti. Il caso di Florenzi è inequivocabile: il capitano va in panchina perché nella rosa c’è chi difende meglio di lui. Spinazzola, Santon e addirittura Cetin. I riferimenti nello spogliatoio sono alcuni leader: Kolarov e Dzeko davanti agli altri. Anche Smalling. E comunque Fazio. Ma poi l’allenatore cura il dialogo con Pastore: in piena emergenza, sfrutta il suo Dna che è tecnica allo stato puro. E difende, in pubblico, il talento di Zaniolo, l’ariete ventenne che può aprire qualsiasi difesa e risolvere ogni partita. L’unica arrabbiatura dopo lo zero assoluto di Marassi. La mattina del 21 ottobre chiese alla squadra personalità e ambizione. Su Instagram, l’ha appena elogiata: «A Udine abbiamo conquistato una vittoria di grande carattere. Grazie per il vostro enorme supporto in tutti i momenti. Adesso torniamo al lavoro per preparare la gara di sabato. Daje Roma».

PRESENZA TOTALE
Le sostituzioni di Udine pensando al Napoli. Subito fuori Pastore, stremato dopo la terza gara da titolare. E a seguire Kluivert e Zaniolo. Quindi il trio da preservare per domani. Resta in campo Mancini, invece, nonostante l’ammonizione presa ad inizio partita. Con Fazio espulso e quindi squalificato, rischio altissimo di perdere il possibile partner di Smalling. Fonseca lo ha avvisato: evita di fare fallo. Al minuto 25 della ripresa, parte la prova generale per lo scontro diretto dell’Olimpico. Cetin a centrocampo vicino a Veretout. E subito dopo in difesa per far coppia con Smalling. Spazio anche a Perotti per aumentare il suo minutaggio: se Pastore non recupera, tocca a lui. Da esterno, con Zaniolo accentrato. E dentro pure Florenzi per dimostrargli che non è stato bocciato a priori. Tant’è vero che va sulla fascia, ma non da difensore.
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