MAURITO, MISTER CINISMO
Icardi sta all'Inter come l'energia solare alla fotosintesi clorofilliana. Basta assorbire un po' del suo ritrovato cinismo e oplà, il gioco è fatto. C'è la squadra che infila nove successi per 1-0 (tre sono merito di Maurito) e c'è lui che segna 8 reti su 12 tiri nello specchio della porta. In pratica, se Icardi inquadra quel rettangolo è gol nel 67% dei casi. Il 21enne di Rosario - argentino come Dybala - è tornato bomber perché si è ricordato chi è ossia un aspirapolvere d'area di rigore. «Ora non mi fermo più», parola sua. Aveva chiuso lo scorso bilancio, l'hombre di Wanda Nara, con 22 gol. Adesso è tornato in pista da ballo invitando il dj ad alzare la musica con quei 5 sigilli nelle ultime 5 partite. «Icardi, i gol, li ha sempre fatti. Poteva passare un momento difficile. Ma noi sapevamo che avrebbe ripreso a segnare». Lo sapeva, Roberto Mancini. Che gli dà la fascia di capitano e arriva a tener fuori Jovetic. Perché Icardi è Icardi: parteciperà poco alla manovra, ma gli attimi fuggenti non se li lascia sfuggire.
DA CARLITOS A PAULO
Poi c'è chi l'attimo ha saputo aspettarlo, sedendo nel cantuccio e osservando i primi treni passare. Per la Juventus, Paulo Dybala è una terapia di successo. Come lui ha superato le bufere dell'inizio, così Madama ha scavalcato la nostalgia del tempo che fu, mettendosi alle spalle il fantasma di Tevez. I gol di Dybala, già 9, fotografano questa Juventus che si toglie le zavorre. Sono gol che parlano tutte le lingue del calcio: piattoni, rigori sotto l'incrocio, botte dal limite, tap-in, tiri al volo, punizioni. Un'anarchia personale cui Massimiliano Allegri ha dato voce col tempo, senza lanciare di getto il pesciolino nell'acquario dello Stadium e modificandone il profilo da prima punta ad attaccante che fa tutto. «Quando nasci», dice Paulo, «la prima cosa che ti danno in Argentina è un pallone da calcio». Difatti: non c'è azione da gol bianconera che non rechi, in qualche modo, il suo marchio. La pazienza ha elevato Dybala e il suo piede sinistro a simboli della rimonta della Juve. Numero 21 di maglia, come Pirlo, e 40 milioni di euro ben spesi.
LO SCUGNIZZO DI SARRI
In mezzo a quei due c'è poi Lorenzo Insigne. Lui e un Napoli da 38 punti, -1 dall'Inter, +2 su Madama. All'ombra del Vesuvio ancora s'illuminano del suo "golazo" al Torino. L'ottavo stagionale, ch'è già record personale. Insigne da Frattamaggiore, 24 anni, è il partner mignon di Higuain. Più piccolo, meno roboante del Pipita. Però non c'è miglior musa ispiratrice in serie A: 6 assist. Lui è quello che ti fa soffiare il vento in poppa. E ha uno stimolo in più che gli altri non hanno: l'orizzonte dello scudetto combacia con l'orizzonte della maglia azzurra. Deve riconquistarla, Insigne, e sa che avvicinarsi allo scudetto significa riavvicinarsi ad Antonio Conte. Ecco perché Maurizio Sarri, che l'ha rivitalizzato piazzandolo esterno alto nel tridente, manda sms anonimi al ct: «Se Insigne merita la Nazionale? Lo deciderà Conte. Io sono contento di Lorenzo e quando lo vedo segnare penso a quanto è stato bravo chi l'ha messo al mondo...».
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