Honda, il giapponese con la 10 dei big
«E' un sogno, il Milan era nel destino»

Honda, il giapponese con la 10 dei big «E' un sogno, il Milan era nel destino»
di Salvatore Riggio
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Mercoledì 8 Gennaio 2014, 13:22 - Ultimo aggiornamento: 18:59
Per un giorno Milano sembrata la succursale di Tokyo. All'ombra della Madonnina è l'Honda day, è il giorno del «Principe di Osaka», come è stato definito nel video mostrato prima delle domande. Honda è stato accolto da Adriano Galliani nella Sala Executive di San Siro, luogo privilegiato e in passato concesso solo a celebrità come Ronaldinho, Beckham e Balotelli. Ma l'attesa è stata forse più suggestiva della presentazione stessa.



Prima che l'evento iniziasse e cominciasse a parlare il primo giapponese della storia rossonera, molti giornalisti nipponici (erano addirittura più di 80) si muovevano frenetici per fare domande ai colleghi italiani su quello che ci si aspetta dal nuovo numero 10 del Milan, spingendosi anche verso qualche paragone con Nakata, che in Italia ha debuttato col Perugia, per poi vincere lo scudetto con la Roma: «Una maglia indossata da grandi campioni: da Rivera a Boateng, passando per Gullit, Savicevic, Boban, Rui Costa e Seedorf. Quando Prince ad agosto è andato allo Schalke 04 abbiamo tenuto il 10 per Honda perché ha sempre detto che fin da bambino sognava di indossare questa casacca rossonera», sono state le parole di Galliani.



Poi, l'attenzione è nuovamente tutta per il fantasista giapponese. Honda arriva con la divisa ufficiale e mostra di voler parlare solo di calcio o, comunque, di tutti gli aspetti legati a questa sua nuova avventura: «Sì, c'erano tanti club che mi cercavano. Ma in quel momento mi sono fermato e ho chiesto al mio cuore dove dovessi andare e lui mi ha risposto di andare al Milan. E allora l'ho seguito. Era il mio sogno fin da bambino. Il mio ruolo? Sono un giocatore d'attacco, dico trequartista». E ancora: «Volete che vi spieghi cosa sia lo spirito samurai? Però, io non ho mai incontrato nessun samurai. Non ci arrendiamo mai e seguiamo una rigorosa disciplina. In campo questo sarà il mio spirito». Non si sarà se sarà già in campo col Sassuolo perché deve smaltire il jet lag del lunghissimo viaggio che lo ha portato in Italia, a Milano: «Mi piace, sembra una bella città. È molto diversa da una città giapponese. Ho già provato ottimi ristoranti, se volete consigliarmene qualcuno...», strappando qualche sorriso.



Si torna seri e si pone già degli obiettivi: «Quando sono venuto al Milan ho pensato subito di vincere la Champions League. Spero di dare il mio contributo, voglio fare bene e vincere lo scudetto. Quest'anno no, ma magari già la prossima stagione. Se non vedo l'ora di giocare con Kakà e Balotelli? Sono due numeri uno, voglio migliorare grazie a loro. Cosa mi ha detto Nagatomo? Che qui in Italia pensate molto al calcio e se giochi male ti contestano, ti mandano a quel paese». E a chi gli chiede il perché della sua esultanza contenuta durante il match contro l'Atalanta e vinto dal Milan 3-0, Honda ha concluso: «Ero felice, ma io sono così. È il mio carattere, il mio modo di essere».
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