Da Nainggolan a Grenier e Ibarbo, se il mercato di gennaio non sempre “ripara”

Da Nainggolan a Grenier e Ibarbo, se il mercato di gennaio non sempre “ripara”
di Alessandro Angeloni
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Lunedì 27 Dicembre 2021, 16:08

Gennaio non è solo Abel Xavier, e non è neppure solo Paolo Poggi o Massimo Marazzina, ma è anche (e per fortuna) Vincent Candela. Radja Ninggolan. Oppure Antonio Carlos Zago o Luca Toni. Non solo meteore, dunque, ma pure guizzi che hanno fatto storia, dal 1995, da quando esiste la finestra invernale di riparazione, seppur ogni tanto l’arrivo diventa peggiorativo. Mourinho aspetta e spera, un Nainggolan - o qualcuno che gli si avvicini - ci vorrebbe. Pensiamo ad esempio a Hide Nakata, che ha riscaldato il gennaio del 2000, quando Fabio Capello stava preparando la squadra dello scudetto. La sua prima stagione è andata via senza lasciare traccia e poi, come sappiamo, Hide risultò decisivo dodici mesi dopo, firmando il titolo della Roma. Ci vuole fortuna, un po’ di coraggio, soldi, quelli sempre e soprattutto. Se non spendi, devi sperare e pregare, se investi non esiste riparazione, esiste rinforzo, che si faccia in estate o a gennaio, poco cambia. Ricordate Luca Toni? Siamo nel lontano 2009-2010, si portavano piumoni e cappotti, quando Luca è sbarcato nella Capitale. Ed era primavera quando un suo gol all’Inter (di Mourinho...) stava per regalare lo scudetto alla Roma. 
PAURA DEL BIDONE
Il bidone è sempre dietro l’angolo, perché spesso il “tanto per comprare” porta a decisioni affrettate, è successo a tutti, da Daniele Pradé a Walter Sabatini, fino a Petrachi. La Roma negli anni, di calciatori inutili, ne ha pescati, ma come detto, non solo. Nella lista dei “buoni” c’è pure Olivier Dacourt, che ha fatto parte di una Roma che ha sfiorato il quarto scudetto, per poi finire all’Inter. Dignitoso qui e dignitoso a Milano: Olivier, calciatore di rendimento, non un fenomeno ma ad avercene ora quelli come lui. Nella storia recente, come non ricordare l’arrivo di Stephan El Shaarawy (due volte in gennaio), che stava scomparendo al Monaco e poi in Cina, o di Diego Perotti, che con un gol (e non solo quello) decisivo al “suo” Genoa ha regalato il secondo posto alla Roma nel giorno dell’addio di Francesco Totti, maggio 2017. L’elenco dei bidoni è maggiore, questo sì, quelli che le dieci presenze era quasi un record o quelli che hanno anche giocato di più ma senza lasciare tracce indelebili, vedi Torosidis e Marquinho. Da Poggi (sei partite) a Spolli (una presenza), da Marazzina (sette), da Tetradze (sempre infortunato) a Fabio Junior, da Tavano, Wilhelmsson a Zukanovic e Grenier (sei partite) e come dimenticare anche Jonathan Silva (due apparizioni nella Roma di Di Francesco): arrivati e spariti in un attimo, o quasi, appunto, come Abel Xavier nel 2004, arrivato e ripartito nel silenzio dopo 3 partite giocate (?). Poi c’è il rimpianto Toloi, in mezzo ai vari Motta e Bastos. Ci sono anche quelli passati comunque alla storia, pur avendo dato un contributo inesistente, vedi Diamoutene, presente nella mitologica partita degli ottavi di finale contro l’Arsenal nel 2009. Lui, oggi, quando parla della Roma, parla solo di quello. Poca roba, sì. Tre su tre, nella stagione 2014-2015, il povero Rudi Garcia si è trovato con il terzetto Doumbia, Ibarbo, Spolli, sparito prima di subito, per inadeguatezza tecnica e fisica. Una carriera dignitosa nella Roma ce l‘ha avuta Torosidis, arrivato da Zeman nel 2012-13, che chiedeva un terzino sinistro, e lui era un destro.

Capita. Ma il Toro è stato parecchio nella Capitale, si è fatto volere bene, diciamo così. Oggi la Roma ha bisogno di rinforzi veri, di uno Zago, di un Nainggolan, che ha lasciato qui il cuore e ancora oggi dice: «Sentivo di essere importante. I tifosi della Lazio mi pregavano di non giocare il derby, per loro ero un grande giocatore». Ecco, è d’accordo Mourinho per primo: serve questa gente, no?

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