Se ne va, dice addio e non in punta di piedi. Adriano Galliani esce di scena dal Milan sbattendo la porta, in rotta di collisione con Barbara Berlusconi. La notizia del suo addio, un addio al veleno nell’aria da giorni, ha scatenato mille reazioni. Di certo, chiude un’epoca, un modo di gestire la società. Galliani andrà via dopo una partita di Champions, la coppa alla quale Adriano è legatissimo. «Il Milan non va troppo bene? - disse una volta - ma quando entriamo in campo e sentiamo quella musichetta (l’inno della Champions, ndr) cambia tutto». Andare via, certo, forse non lo avrebbe fatto così presto Galliani, ma avrebbe preferito una forma diversa. Avrebbe preferito un’eleganza che, invece, non c’è stata.
I commenti, dicevamo.
Renzo Ulivieri, che guida l’Associazione degli allenatori, ha affermato che questo addio è «una perdita importante per il calcio. Ha fatto la storia del Milan e di tutto il movimento italiano. Dimissioni? L’hanno obbligato... Da come è andata la vicenda penso che non potesse farne a meno». Sulla stessa linea di Ulivieri, il numero 1 dell’Aia, Marcello Nicchi. «Credo che quando persone capaci si dimettono è sempre una perdita per tutti - ha osservato Nicchi - Galliani ha fatto tantissimo per Milan e il calcio e gli auguro di trovare la soluzione migliore per quelle che sono le sue aspettative. Il suo rapporto con gli arbitri? Con noi è sempre normale e sereno».
Giancarlo Abete, il presidente della Federcalcio, ha commentato dopo il consiglio federale la notizia spiegando che «fa un certo effetto un Milan senza Galliani. Ha vinto tanto in un lungo periodo - ha osservato Abete - Il Milan è la squadra più titolata a livello mondiale: i numeri hanno un significato quantitativo e qualitativo. Fa un grande effetto come fa effetto che Massimo Moratti, che sarà premiato lunedì nella Hall of Fame,abbia lasciato la presidenza dell’Inter».
Dal primo novembre del 1979 quando Silvio Berlusconi ha acquistato il 50 per cento della Società Elettronica Industriale, la prima pietra di Canale 5, il sodalizio tra loro è stato inossidabile. Così, quando il Cavaliere nel 1986 ha acquistato il Milan, lo ha affidato all’ex antennista di Monza nato con fede juventina. Con il Diavolo si è divertito, colpi fantastici, Sacchi, gli olandesi, le vittorie. E la grande carriera dirigenziale, presidente della Lega, esperto di diritti televisivi. Dei suoi ventotto anni in rossonero forse non rivivrebbe, a parte gli ultimi tormentati mesi, la notte del 20 marzo 1991 a Marsiglia quando decise di ritirare la squadra dopo un black-out elettrico con l’Olympique in vantaggio 1-0 nella partita di ritorno di Coppa dei Campioni.