Roma, ecco Friedkin: obiettivo sistemare i conti senza vendere i giocatori migliori

Roma, ecco Friedkin: obiettivo sistemare i conti senza vendere i migliori
di Ugo Trani
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Venerdì 7 Agosto 2020, 00:42 - Ultimo aggiornamento: 13:13

dal nostro inviato
DUISBURG La fumata bianca prima dell’alba, alle 4 in Italia. E quindi in America ancora mercoledì 5 agosto, come si legge sul comunicato che, preparato oltreoceano, la Roma ha pubblicato sul suo sito internet alle 8,10: James Pallotta cede il club giallorosso a Dan Friedkin. «Mi dispiace, lascio il mio progetto che rimane incompiuto». Lo stadio che ancora non c’è e nessun successo sintetizzano l’amarezza del presidente che saluta dopo 8 anni (9 con l’anno passato accanto a Di Benedetto). Inevitabile, però, la resa del bostoniano, dettata dalla preoccupante situazione debitoria. Ha capito di aver perso tempo e di non essere più in grado di tirare la corda. I suo soci gli hanno dato la spinta definitiva a farsi da parte. Il rischio della mancata iscrizione al prossimo campionato, del resto, ha accompagnato queste ultime ore frenetiche della trattativa che, decollata negli States e con sponda nella Capitale, ha avuto come prezioso riferimento il management della società in ritiro a Dusseldorf per la partita con il Siviglia di Europa League. Dalla Germania fino agli Usa, contatto aperto fino a notte fonda per vivere in diretta il ribaltone. Da oggi, la nuova éra. Subito al lavoro, in conference call con Houston, per la nuova stagione. Della società e della squadra.

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L’accelerazione solo prima della mezzanotte. Fino a quel momento Pallotta ha continuato a tergiversare, in attesa del rilancio della cordata mediorientale. Ma Al Baker, con i 2 soci del Kuwait, non è riuscito a produrre le garanzie richieste. I 630 milioni, utili a superare i 591 di Friedkin (705 prima del lockdown), non sono mai stati messi nero su bianco. Perché non bastano in negoziazioni del genere lettere di intenti come quella inviata dal fondo dell’Ecuador con base in Uruguay che avrebbe investito 700 milioni e portato Cavani. Dal sudamerica, niente di concreto. Come dal Golfo Persico.

APPUNTAMENTO A NEW YORK
Il sì di Pallotta è stato girato agli avvocati. I suoi legali a Boston, quelli di Friedkin nel quartiere generale di Houston. Dan, a quanto pare, è rientrato a casa e da lì ha messo la firma che ha certificato l’operazione. Anche se la documentazione è stata preparata nelle ultime settimane, sono servite diverse ore per scansionarla e inviarla da un ufficio all’altro per l’accettazione del venditore e dell’acquirente. Il Friedkin Group ha preparato il versamento della caparra, di poco superiore al 10 per cento della cifra totale dell’affare: 60 milioni. Andrebbe persa in caso di mancato rispetto della data del closing, il prossimo 17 agosto. Nel 2011 firmarono il 18 dello stesso mese. E a Roma. Con il blocco dei voli dagli States, è probabile che tra 10 giorni si scelga New York (volendo nella sede della Raptor del presidente uscente, anche per agevolare gli avvocati statunitensi): saranno versati altri 230 milioni.

Si parte: già in giornata, il via alle riunioni operative per la ristrutturazione della Roma. L’organigramma della società è da rifare. Il cda, previsto per ottobre, sarà anticipato. Va scelto il nuovo ad: il contratto di Fienga, attuale ceo, è scaduto. Soprattutto c’è da individuare il nuovo ds: Burdisso, proposto da Baldini, rimane in stand by, anche perché il consigliere esterno di Pallotta (libero da giugno, ma fino a poche ore fa coinvolto) non resterà nello staff. Paratici è il candidato di lusso, ma non si sa se lascia la Juve. Contattato l’ex Pradè. Il vicepresidente esecutivo Baldissoni ha un accordo fino al giugno 2022, ma dovrebbe uscire pure lui, restando solo come consulente per lo stadio. Friedkin sta pensando di affidare la presidenza al figlio Ryan. Il mercato non prevede voli pindarici: preso Pedro a parametro zero su input di Fonseca, l’obiettivo è riprendere Smalling (oppure si cambierà obiettivo) e se sarà possibile un terzino. Ovviamente conferma per Pellegrini, Zaniolo e Dzeko. Ma bisogna vendere circa 14 giocatori in esubero, abbassando il monte stipendi. La cura dimagrante, dunque, per tornare a essere competitivi.
 

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