CT DI SOSTANZA
I Bleus non danno spettacolo: ecco perché in Francia lo avrebbero voluto giù dal trono prima della partenza per la Russia, addirittura il 31 maggio, quando Zidane si dimise, dopo aver festeggiato la terza Champions con il Real. «Ora sono solo concentrato sul mondiale. Poi ci sarà un dopo, per me e i giocatori. Ma ho altri due anni di contratto». Didì rispose alla vigilia dell’amichevole di Nizza contro l’Italia di Mancini. Ma 40 giorni fa non avrebbe mai pensato di rinunciare al prossimo Europeo. Adesso, invece, potrebbe copiare proprio Zizou, in caso di successo nella finale ancora da conquistare (stasera il big match contro il Belgio). Deschamps è pronto a giocare d’anticipo, entrando nel futuro dalla porta principale. Da dirigente. La serietà, la professionalità e lo spessore lo lanciano pure come nuovo possibile presidente.
PRIORITÀ AL RISULTATO
Questa stagione è stata la più tormentata. L’Isis lo ha inquadrato come «nemico di Allah»: così nell’amichevole di Colonia contro la Germania, a fine novembre, ha avuto la scorta in panchina. Dove siede, come ct dei Bleus, dal 2012. Fin qui si è arreso solo ai campioni: nel mondiale del 2014 in Brasile, cadde nei quarti contro i tedeschi che poi conquistarono il loro 4° titolo; nell’Europeo del 2016 in Francia in finale contro il Portogallo. Lo scarso affetto del suo Paese nasce da quel ko in casa. Gli contestano pure le ultime covocazioni, le esclusioni eccenti di Lacazette, Martial, Rabiot e Benzema. I suoi giovani non lo hanno, però, tradito. Difende da italiano: l’esperienza da giocatore della Juve di Lippi l’ha accompagnato in Russia. Non concede niente agli avversari, prima che agli spettatori. Essenziale alla meta.
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