Figc, c'è tanto da lavorare e non è tutto da buttare

Figc, c'è tanto da lavorare e non è tutto da buttare
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 22 Ottobre 2018, 09:35
Non è cambiato niente, cambierà tutto? I nove mesi scarsi di commissariamento del pallone non hanno prodotto i risultati sperati, cioè quelle riforme che si pensava, liberi dai lacci e lacciuoli del Consiglio federale, potessero essere finalmente varate. Non è successo e non per colpa esclusiva del commissario e dei suoi vice, ai quali in realtà non è stato attribuito un potere sufficiente (il Coni, per fare le cose perbene, avrebbe dovuto temporaneamente azzerare anche le varie componenti). Eppure, cresce la sensazione che da oggi in Federazione si possa respirare un’aria diversa.
ARIA DIVERSA
Le facce sono le stesse. Quelle di sempre. Il candidato unico è uno dei tre sconfitti alle elezioni di gennaio. Però stavolta sarà eletto con una maggioranza ampia, probabilmente già al primo turno, dove servono i tre quarti dei voti. No, non è un uomo nuovo, Gabriele Gravina. Ma è un dirigente serio. Conosce i problemi del calcio e si è presentato sulla base di un programma non privo di spunti interessanti, al di là della genericità di alcune delle proposte. Le priorità di Gravina, esposte nella sua recente intervista al Messaggero, sono tre: riforma dei campionati, riforma della giustizia sportiva, varo di un codice dei controlli. Sulla prima sono già andati a sbattere non solo il commissario ma anche i presidenti precedenti: impossibile finora intaccare i cosiddetti “diritti acquisiti”. La formula di Gravina è meno ambiziosa di altre sentite in passato: serie A e B a 20 squadre, Serie C a tre gironi di 20. Resterebbero cioè 100 squadre, comunque più che in ogni altro Paese europeo, ma l’idea di reintrodurre il semiprofessionismo, da approfondire, potrebbero rendere il sistema meno insostenibile. Le vicende dell’estate – la Serie B a 19 e i ricorsi delle escluse ancora pendenti – rendono ancora più urgente la soluzione del rebus giustizia. I pasticci a ripetizione hanno indotto il governo a intervenire con un decreto che sancisce la fine dell’autonomia dell’ordinamento sportivo. Un rimedio peggiore del male. Così viene tutto affidato a Tar e Consiglio di Stato e i tempi si allungano ulteriormente. Come sa bene l’Entella, ancora ai box a fine ottobre. C’è tanto da fare. Cercando di non buttare via, con l’acqua sporca che ha inquinato negli ultimi anni il calcio italiano, anche il bambino delle iniziative che la stessa Federcalcio ha recentemente intrapreso per rilanciare i settori giovanili e restituire dignità alle nostre nazionali. Al nuovo presidente, auguri di buon lavoro. Ne ha bisogno.
 
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