Figc, Abodi: «Gli arbitri non devono schierarsi. Apriamo le porte al futuro»

Figc, Abodi: «Gli arbitri non devono schierarsi. Apriamo le porte al futuro»
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Lunedì 6 Marzo 2017, 13:47 - Ultimo aggiornamento: 14:54
Abodi, candidato Presidente: «Felice di aver ascoltato l'intervento di tutti e aver condiviso alcune cose. Non ho intenzione di spiegare perché sia migliore o peggiore, voglio solo spiegare perché mi candido. La mia passione per il calcio si è arricchita, in questi ultimi sette anni, di grandi esperienze vivendo da dentro situazioni che prima vivevo da fuori. Ho portato entusiasmo e innovazione, grazie anche all'investimento fioduciario delle mie società e grazie al lavoro di una squadra straordinaria, che andrà avanti da sola. Abbiamo fatto il 350 per cento di fatturato, ma forse partivamo da cifre basse, ma il merito è della squadra che ha saputo lavorare benissimo, ognuno nella propria città in mezzo alla gente».

Il Palazzo: «Voglio ringraziare Demetrio Albertini, che due anni fa non seguii nel suo programma. Votati Carlo Tavecchio, che doveva essere un punto di partenza per trovare unità, per essere sistema. Si vince soltanto così, e così che pensiamo ci siano i calciatori e altre componenti. Il nostro mondo non si divide tra chi paga e chi è pagato. Siamo tutti percipienti, al di là di qualche vero amatore del calcio dilettanti. Tutti contribuiamo al sistema calcio e se non pensiamo che fuori c'è un mondo perderemo l'appeal sulla gente che sta fuori dal Palazzo. Dobbiamo aprire le finestre per meritarci il nostro pubblico. Stiamo poco tira la gente, dialoghiamo con loro».

Il ruolo. «La promozione del nostro calcio, il collegamento con le comunità internazionali, il confezionamento del prodotto, la dignità dei nostri linguaggi. Non la ricerca sistematica di modelli provenienti da altre parti. Vorrei essere il portavoce di modello italiano, dignitoso, com'è stato nella nostra storia (la sala applaude)».

La tecnologia: «Ricordo le perplessità di Nicchi sulle innovazioni tecnologiche, oggi invece vedo che la ritieni ineluttabile. Mi avrebbe fatto piacere che aveste sottolineato il rispetto che la nostra Lega ha sempre portato agli arbitri. Pensavo che gli arbitri do essere stare fuori dalla contesa e non sta scritto da nessuna parte che debbano schierarsi. I nostri rapporti comunque non verranno modificati».

La campagna: «Ho visto cose che non mi sono piaciute, ma su cui sorvolo perché dobbiamo mantenere una nostra dignità. Purtroppo, stiamo un sistema soltanto al momento del Consiglio Federale o dell'assemblea, poi torniamo ognuno ai fatti propri. Io non voglio farmi gli affari miei, voglio farmi insieme a voi gli affari di tutti per tirare fuori il potenziale che c'è in ognuno di noio. Se sono qui c'è anche una ragione, e l'ho detto anche a Malagò: sarebbe stato bello avere un candidato unico, ma non è così».

La candidatura: «Se ci sono meno spettatori questo dovrebbe farci interrogare. Se decrescono le affiliazioni e i tesseramenti, cose fisiologiche, la colpa non è del presidente Tavecchio, con il quale ho vissuto due anni a stretto contatto. Ma la mia candidatura va oltre, si è consolidata oltre le mie intenzioni. Avevo l'ambizione di guidare la serie A, facendo un percorso simile a quello delle mie squadre e ora nella Federazione vorrei trovare quella trasparenza che impedisce un agguato nei confronti di due Leghe, modificando una legge, la Melandri, che penalizzi 82 società. Voglio una Federazione libera che vi consenta di entrare in una cabina elettorale e votare in tranquillità e serenità. sono felice di essere qui perché corono un sogno e sono convinto che la vostra fiducia possa contribuire a costruire qualcosa di più bello. Non ho mai pensato di ritirarmi o negoziare, la mia dignità non ha prezzo, Stasera andrò a giocare a calcetto e domani festeggerò il mio compleanno e se non sarò presidente, ricomincerò da un'altra parte».
 
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