TIMORI E COLLOQUI
Mancando Platini, che pure aveva opposto ai giudici del Tas una linea difensiva piuttosto sostanziosa, a contendersi il trono di Zurigo sono rimasti in cinque: vale a dire lo svizzero Gianni Infantino, segretario generale della Uefa; il bahreinita Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa, presidente della Confederazione asiatica e vice presidente della Fifa; il francese Jerome Champagne, ex vice segretario della Fifa; il politico Tokyo Sexwale, ex ministro sudafricano; e Ali bin Hussein, principe di Giordania. Chi vincerà? Ascoltando i sussurri e interpretando i silenzi, spicca su tutte la possibilità di un duello finale che contrapporrà Infantino e Al-Khalifa, forti di una mappa di appoggi e alleanze smisurata. Viceversa Champagne appare ancora molto (se non troppo) legato alle logiche e agli apparati di Blatter, mentre Sexwale fatica a uscire dall'ombra di fragili coalizioni. Quanto a bin Hussein, è vero che nel maggio scorso è riuscito ad acciuffare 73 voti nella lotta con Blatter, ma è pure utile sottolineare che negli ultimi mesi il quadro degli equilibri è del tutto cambiato. Volendo esemplificare, per essere eletto il 26 febbraio al secondo scrutinio, ad Al-Khalifa (o a Infantino) basterebbe ottenere le 53 preferenze della Uefa, le 46 dell'Asia e, a scelta, altre cinque tra le 110 restanti. In via molto riservata e poco pubblica, le diverse campagne elettorali camminano lente, nell'assoluto timore di dover assistere a nuovi passi della giustizia svizzero-americana. Parallelamente, però, anche la Uefa tenta ora di capire quale strada imboccare. Del resto ogni decisione ormai dipende da Infantino: non vincesse a Zurigo, potrebbe candidarsi alla poltrona lasciata da Platini; vincesse invece in Svizzera, obbligherebbe il calcio europeo a individuare una nuova figura di vertice, a pochi mesi dagli Europei. Intanto è stato già fissato in agenda un congresso straordinario della Uefa per il 25 febbraio. Non a caso.
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