Segna e difende bene, è il calcio totale dell'Italia. Mancini ct all'olandese

Segna e difende bene, è il calcio totale dell'Italia. Mancini ct all'olandese
di Alessandro Angeloni
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Martedì 22 Giugno 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 09:39

Bella esteticamente, solida e con un’idea fissa: vivere nella metà campo avversaria. Progetto ricco, che non è più nemmeno in cantiere. E’ in bella vista e trova il consenso di tutti. L’Italia gioca un calcio offensivo, solido e di qualità. Senza i grandi nomi internazionali, ma con tanti piccoli talenti. Un gruppo tosto in campo (l’equilibrio è la parola d’ordine) e fuori (i ragazzi sono uniti, amici, ridono, scherzano e insieme cantano “Notti magiche” di Bennato-Nannini, roba del Mondiale del ‘90). 
AMBIZIONI E TIMORI
Mancini si gode il momento e sa perfettamente che ora viene il bello e difficile: se non si passano gli ottavi è come se non si fosse fatto nulla. Il messaggio è arrivato forte e chiaro allo spogliatoio in vista dell’ottavo di Wembley, sabato, contro l’Austria. Mancini ha schierato 25 giocatori su 26 (manca solo Meret) in queste tre partite, la presenza di Sirigu è stata simbolica ma viene registrata come un segnale, che tutti sono importanti. La banalità è dirlo, poi metterlo in pratica fa la differenza e non lo è più. Mancio ci ha messo del suo, ha assortito un gruppo capace di suonare il suo spartito, in un mix di talento ed esperienza. Donnarumma è uno dei portieri meno impegnati della competizione; la difesa, pur con la perdita di Chiellini e di Florenzi, ha fatto girare gli uomini e, anche con l’impiego delle alternative, mantiene la sua imbattibilità. Tre vittorie nel girone appena concluso, senza subire reti (non ne incassa da 1055 minuti), segnandone sette (non hanno mai fatto meglio nelle tre gare della fase a gironi tra Europei e Mondiali, sette reti anche nel 1998). Con i suoi 30 risultati utili consecutivi, Mancini raggiunge il mito Pozzo dopo 82 anni (con una vittoria in più, 25 contro le 24 del suo predecessore). Numeri non casuali, figli di un calcio affascinante e concreto. Calcio totale, dicevamo. E’ quel tipo di gioco conosciuto prevalentemente con l’Olanda di Johan Cruijff, anche se ci sono scuole di pensiero che parlano di calcio totale già dall’Austria degli anni ‘30 o ancora prima dall’Ajax di Jack Reynolds.

Il calcio totale oggi è un principio comune a molte squadre, tutti gli allenatori vogliono la doppia fase da ciascun calciatore. Mancini ha tirato dentro molti elementi bravi ad attaccare e difendere. Completi, totali. I terzini, Spinazzola come Emerson, Florenzi come Di Lorenzo, sono i primi attaccanti e gente come Chiesa, Berardi, Insigne e Bernardeschi sono obbligati alla fase difensiva, pur non tralasciando la loro qualità. Da questo nasce l’equilibrio e il perché la squadra prende pochi gol (nella fase a gironi, zero). Grazie a questo, Mancini si permette di giocare con il doppio play, Jorginho e Verratti (o Locatelli), la qualità è nei piedi e non certo nel fisico. Il centravanti non è statico, lo è meno Immobile rispetto a Belotti. L’Italia pian piano sta uscendo dal luogo comune (fino a un certo punto) del difensivismo. Aspetto che ha caratterizzato anche vittorie importanti, vedi quella mitica del 1982, con la famosa difesa, contropiede e gol di Paolo Rossi. Sacchi ha solo provato nel ‘94 a uscire da questa gabbia di pregiudizi riuscendoci parzialmente, Lippi ha vinto nel 2006 con il gruppo, non sempre con un calcio spettacolare, bensì solido, ragionato, ricco di talento e di personalità. L’intercambiabilità dei giocatori è la base del calcio totale: perché tutti devono saper svolgere il compito, dal primo all’ultimo. Le tre partite giocate fino a ora hanno mostrato un difetto: si segna meno di quello che si produce, dato emerso soprattutto nella sfida con il Galles. E’ il classico pelo nell’uovo. L’Austria è avversario tosto ma abbordabile, il test vero sarà con le big, dai quarti alla eventuale finale. Ma questa Nazionale ha dimostrato di poter fare tutto. 

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