​Ecco gli oriundi all’italiana: Eder e Thiago Motta eredi di Camoranesi e Altafini

Eder
di Alessandro Angeloni
3 Minuti di Lettura
Domenica 19 Giugno 2016, 09:03 - Ultimo aggiornamento: 14:55
dal nostro inviato

MONTPELLIER Per un romanista o un laziale, per uno dell'Inter o del Milan deve essere già complicato accettare la presenza in Nazionale di un calciatore della Juventus (o viceversa), figuriamoci quanto sia difficile metabolizzare la visione in azzurro di un giocatore nato in Brasile o Argentina e magari sostenitore da sempre della Selecciòn o della Seleçao. «Io non conosco il mio inno, figuriamoci quello dell'Italia», disse una volta Mauro German Camoranesi che qualche tempo dopo alzò la Coppa del Mondo in Germania. Per non parlare di Èder che ha postato foto con la maglia verdeoro alla vigilia del mondiale brasiliano. Camoranesi ha vinto, Èder è finito nella lista dei beniamini per la rete contro la Svezia. Si sale su tutti i carri, prima o poi si salirà pure su quello degli oriundi, ovvero gli italiani per origine.
 
La polemica è stata respinta dal gruppo di Antonio Conte (che ieri sera con Tavecchio ha seguito il concerto di Alex Britti a Casa Azzurri) e all'epoca da quello di Marcello Lippi. L'oriundo nella maggior parte dei casi sceglie l'azzurro perché sa che quella del Brasile o dell'Argentina (o di altri Paesi) non la indosserà mai per sopraggiunti e/o evidenti limiti tecnici. Quindi non italiano per cuore, ma per dolo.

Camoranesi è quello che la maglia della Nazionale l'ha vestita più di tutti i suoi simili: cinquantacinque volte, con cinque reti e un Mondiale vinto. La storia degli oriundi in Italia è lunga e variegata, sono quarantasei quelli che hanno giocato almeno una volta. Facile ricordare i vari Schiaffino e Sivori, più Altafini (quello che con 4 gol su 5 è risultato il più decisivo), parliamo di fenomeni e magari all'epoca si era anche onorati di ospitarli in azzurro. Oggi la gente storce il naso e ripensa alle crisi isteriche che ci siamo fatti venire perché Amauri non riusciva a ottenere il passaporto italiano (poi lo ha ottenuto, ha giocato una volta ed è sparito) o a Schelotto e Ledesma, comparsi e scomparsi in Nazionale come una colomba del mago Silvan, oppure a Paletta che ha fatto il Mondiale del 2014 poi si è perso. Sono in attesa di non fare la stessa fine Jorginho e Vazquez.

Èder e Thiago Motta non esaltano piazza Italia, anche se poi il primo contro la Svezia ha realizzato il centesimo gol oriundo, una lunga lista di bomber cominciata con Ermanno Aebi (svizzero) negli anni venti (esordio con tripletta alla Francia, in totale due presenze). Osvaldo è passato come una meteora, anche se di reti ne ha realizzate ben 4, in linea con i più celebri predecessori. Sono trecentocinquantuno le presenze totali dagli anni 20 a oggi, ventotto sono quelli andati in rete. La metà degli oriundi sono argentini, nove brasiliani e uruguayani, qualcuno svizzero, altri sudafricani, altri ancora scozzesi e francesi. Il bomber dei bomber è stato Julio Libonatti, argentino con quindici gol in diciassette apparizioni (Dal 1926 al 1932). Non soltanto Camoranesi è riuscito a vincere, nella lista troviamo anche Raimundo Orsi e Luis Monti, entrambi argentini. Vincitori, ma figuranti, di un mondiale o della Coppa Iternazionale anche Andreolo, Demaria, Faccio, Guaita e Guarisi.

Sia Èder sia Thiago Motta ormai a questi dibattiti non partecipano più, tanto non se ne esce. «La trovo una polemica stupida, perché alla fine ci sarà sempre chi ritiene giusta la mia presenza in Nazionale e chi no», le parole dell'interista. Motta invece prova a convincere i malpensanti. «E' una storia vecchia. Sia per me sia per Èder, la scelta di giocare nell'Italia è stata meditata. Volevamo essere qui». Non se ne uscirà mai.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA