Dybala, l'uomo della speranza della Roma. Il rimpianto di Mourinho: «Quanti punti in più avremmo...»

Paulo: "Volevo tornare e aiutare la squadra"

Dybala, l'uomo della speranza della Roma. Il rimpianto di Mourinho: «Quanti punti in più avremmo...»
di Stefano Carina
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Lunedì 14 Novembre 2022, 10:05

ROMA «Ci sono due partite. Una fino al 70', dove i nostri tifosi vogliono andare a casa, e l'altra dove in 20 minuti abbiamo creato di più che nelle ultime 4-5 partite». Miglior fotografia di Roma-Torino non poteva esserci. La regala Mourinho per una volta più a suo agio nelle vesti di commentatore che di allenatore. Perché la sua Roma - come ormai accade da almeno un mese - per più di un'ora annaspa, senza idee, macchinosa, compassata, affidando quelle poche, pochissime intuizioni a Zaniolo, sempre più in veste running-back, oppure a Camara. Sì, proprio a Mady, volenteroso quanto vogliamo, ma sempre Camara, mezzala di quantità che fatica ad abbinare alla qualità. Quella nella quale da piccolo deve esser stato immerso Dybala. E poco importa se in Argentina non scorre il fiume Stige, dove per la mitologia greca fu bagnato Achille. In provincia di Cordoba, dalle parti di Laguna Larga che ha dato i natali a Paulo, deve esserci qualche torrente nel quale la mamma della Joya lo avrà bagnato da piccolo, con l'accortezza d'immergere per primi i piedi. Perché è bastato aver visto Roma-Torino per rendersi conto di come l'argentino, rispetto a compagni e rivali, giochi semplicemente un altro sport.

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IMPATTO DEVASTANTE
Gli sono necessari appena 40 secondi - tiro che impegna Milinkovic, sino a quel momento a suo agio nelle vesti di libero aggiunto - per cambiare volto alla Roma. Con il biglietto in tasca per il Qatar, la Joya cala dal cielo e riprende per i capelli una partita persa, giocata male, che aveva gettato nello sconforto gli oltre 61mila dell'Olimpico e Mourinho: «Non voglio fare Harry Potter, ma quanti punti avremmo fatto con Dybala in campo nelle ultime sei? Le difficoltà nel nostro gioco si vedono, ma la luce sta lì». Eccola che torna, la luce. Si palesa quando sull'Olimpico è già calata la notte, complici dei nuvoloni neri che si affacciano già ad inizio ripresa. La luce: appellativo utilizzato dal compianto cantautore romano Lando Fiorini per Totti. «Oggi gioca l'elettricista? Come chi è, quello che porta la luce, il nostro Francesco». Ecco, lato giallorosso, un calciatore del genere non si vedeva dai tempi di Totti che proprio contro i granata si regalò una delle tante gemme della sua carriera, ribaltando una partita persa con una doppietta in tre minuti nel finale. A Paulo è riuscito soltanto pareggiarla e senza nemmeno segnare. Tre tiri, una traversa colpita dalla quale nasce il pareggio di Matic e un rigore procurato, mettendo a rischio la tibia su un calcione a vuoto di Djdji.

Nemmeno il tempo di alzarsi che ha visto Belotti con il pallone in mano. Era il Gallo il rigorista? «No», la replica lapidaria di José. Più diplomatica quella di Dybala: «Non era scritto chi dovesse tirarlo. A volte è questione di secondi, di decidere al momento. Ho alzato la testa e Andrea aveva il pallone, si sentiva di batterlo e l'ho lasciato. Per me non c'è stato nessun problema. Ci fidiamo di tutti, Belotti ha fatto tantissimi gol, purtroppo l'ha sbagliato ma poteva sbagliarlo chiunque». Uomo partita e anche uomo squadra come quando gli chiedono di Karsdorp: «Quando è successo non c'ero, non l'ho vissuto dal vivo. Ho parlato con i miei compagni nello spogliatoio e tante cose rimangono lì. Siamo un gruppo unito, ci dobbiamo appoggiare l'uno all'altro, staremo vicino a ogni giocatore, chi farà bene e chi farà male, chi sarà criticato e chi no».

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ABRAHAM NEL MIRINO
In quanto a critiche, Mou - dopo i complimenti a Tahirovic («Diventerà un grande calciatore») - non è secondo a nessuno. Fa soltanto un'eccezione: l'arbitro Rapuano. «Non voglio parlarne. Espulsione giusta per le mie parole. Ma quanto gli ho detto dopo rimane tra noi», glissa. Ma basta chiedergli dove è finita la Roma di Tirana, che José affonda il colpo: «Pensate bene all'anno scorso e a questa stagione, se vi sembra tutto uguale o manca qualcosa di fondamentale. Mkhitaryan? (fa una smorfia e non risponde, ndr)... E qualcuno che è qui ma non è lo stesso». Il riferimento a Abraham (ma non solo) è chiaro. Ma su Tammy, José non fa sconti: «Va recuperato dal punto di vista psicologico? Ma quale appoggio psicologico? Corri amico, vai lì per il duello individuale, crea dei problemi a Buongiorno e agli altri...Sono milioni e milioni i bambini che vogliono arrivare e arrivano in pochi, quelli che lo fanno sono dei privilegiati. Dal punti di vista individuale, in molti devono fare una autocritica che farò anche io con me stesso. Ci sono diversi giocatori che devono avere un livello alto non dico di performance, ma di atteggiamento. Non c'è bisogno di motivazioni per andare alla fine del mese a prendere lo stipendio, lì vanno tutti». Benzina sul fuoco a riscaldare i 51 giorni di stop che separano la Roma dalla prossima gara di campionato, il 4 gennaio contro il Bologna.
 

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