Zampe di maiale, "trabajo" e "Cholismo": i segreti di Diego Pablo Simeone che compie 50 anni

Diego Simeone
di Valerio Cassetta
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Martedì 28 Aprile 2020, 14:19

«Lo esfuerzo no se negocia». Tradotto: la sforzo non si compra. Una frase intorno alla quale Diego Pablo Simeone costruisce, ancora oggi, la sua carriera e la sua esistenza. Uomo, marito e padre. Ex giocatore, manager e allenatore dell’Atletico Madrid dal 2011. Simeone compie 50 anni. «Nel calcio e nella vita bisogna essere allo stesso modo». Simeone non condivide lo sdoppiamento della personalità tra lavoro e quotidianità: «Bisogna essere sinceri, onesti e competitivi dentro e fuori dal campo», spiega in una vecchia intervista “El Cholo”. Un soprannome che gli viene affibbiato all’epoca delle giovanili del Velèz Sàrsfield dal tecnico Victorio Spinetto. Diego è poco più di un bambino, figlio di papà Don Carlos Alberto Simeone e mamma Maria Pablo Simeone, gioca nei sobborghi di Buenos Aires e la sua “garra” ricorda quella di Carmelo Simeone, ex difensore di Vélez e Boca Juniors, detto proprio «Cholo» (meticcio, dall’azteco «xoloitzcuintli»).

CHOLO E CHOLISMO
Un nomignolo che nel 2013 dà il là al neologismo «Cholismo», la sua filosofia di gioco. Non importa che tu sia Joao Felix, Diego Costa, Saul o Carrasco, devi essere pronto a sacrificarti per il tuo compagno. Si attacca e si difende tutti insieme. Guai a chiamarlo catenaccio. Anche perché, in quasi dieci anni sulla panchina dei colchoneros, le emozioni non sono mancate. Sono sette i trofei alzati sotto il cielo di Madrid: Liga, Coppa di Spagna, Supercoppa di Spagna, due Uefa Europa League e due Uefa Supercup. Senza contare le due finali perse in Champions League contro gli storici rivali del Real in modo rocambolesco: una nel recupero e una ai rigori. «Ma nel calcio c’è giustizia». Simeone non molla mai e diviene un punto di riferimento per il club e per i tifosi. Per le vie di Madrid le bancarelle, prima dell’emergenza Covid-19, vendevano le sciarpe con il volto di Messi per il Barça e Cristiano Ronaldo per il Real. Quelle dell’Atletico, invece, riportano il faccione dell’allenatore. «Ole, ole, ole! Cholo Si-me-one!». Il coro che una volta si levava dal Vicente Calderòn, ora risuona al Wanda Metropolitano. Simeone ovunque va, lascia il segno e non dimentica il passato. Velèz, Pisa, Siviglia, Inter, Lazio, Atletico Madrid e Racing. Queste le maglie indossate da giocatore. 

PROMESSA D’AMORE
«Sono sicuro che un giorno tornerò a Roma, perché così è la vita. Come mi è capitato di tornare all’Atletico Madrid, così succederà anche per la Lazio. Sarò seduto in panchina tutto vestito di nero come piace a me». Aprile del 2014: Simeone pronostica un suo ritorno alla Lazio, allenata allora da Stefano Pioli. Una promessa d’amore senza scadenza, che i tifosi biancocelesti custodiscono gelosamente, ma intanto si godono la banda di Simone Inzaghi che, Coronavirus permettendo, contende lo scudetto allo Juventus. Proprio come la Lazio del 2000, in cui Simeone e Simone Inzaghi erano compagni di squadra. Emblematico il gol del “Cholo” di testa al Delle Alpi con  il gesto del “tre” mostrato al settore ospiti. Tanti erano i punti di distanza dalla Juve capolista. «Mi è capitato di trovarmi al posto giusto al momento giusto. Quando è arrivato quel cross da Veron, ho fatto un gol di testa straordinario. Sono corso verso i miei tifosi. Momenti indimenticabili». Del resto sono tante le vittorie nella Capitale: scudetto, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Supercoppa Europea, ottenute insieme ad altri argenti come Sensini, Almeyda, Veron, Lopez e Crespo. Con l’Inter solo una Coppa Uefa, mentre con la “camiseta” dell’Atletico trionfa nella Liga e nella Coppa di Spagna.

ZAMPE DI MAIALE, "HUEVOS" E MENTALITA'
La mentalità vincente di Simeone parte da lontano.

Quando nel 2001 si rompe il crociato cerca i accorciare a tutti i costi i tempi di recupero per partecipare ai Mondiali con l’Argentina. La mamma gli consiglia un vecchio rimedio, usato dagli Indios: mangiare la cartilagine delle zampe di maiale. Simeone mastica amaro, ma dopo 6 mesi è già in campo. Determinazione e grinta da vendere, testata sulle panchine di Racing, Estudiantes, River Plate e San Lorenzo. La stessa dei connazionali Gomez, Alvarez, Bergessio, Barrientos e Silvestre, allenati ai tempi del Catania. Impressionante la capacità di entrare nella testa dei suoi giocatori. Psicologo e maestro di calcio, mai banale, a volte anche sopra le righe. Come dimenticare il gestaccio de “los huevos” dopo Atletico-Juventus dello scorso anno, ripetuto già ai tempi della Lazio dopo un derby pareggiato contro la Roma allo scadere. Un uomo caldo e passionale, che non fa sconti. Ultima giornata di campionato: 5 maggio 2002, Lazio-Inter. “El Cholo” gioca con i biancocelesti e segna uno dei quattro gol che condannano la sua ex squadra al secondo posto, permettendo alla Juventus di conquistare il titolo. Istintivo, metodico e carismatico. «Humildad, esfuerzo, corazón, trabajo y contragolpe». Tradotto: umiltà, fatica, cuore, lavoro e contropiede. La ricetta per vincere, parola di Diego Pablo Simeone.

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