Da Donadoni a Prandelli, la maledizione della panchina azzurra

Da Donadoni a Prandelli, la maledizione della panchina azzurra
di Alessandro Angeloni
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Mercoledì 10 Ottobre 2018, 09:30
Non tutti sono Marcello Lippi: fisico da Paul Newman, mondiale vinto, successi e successi con la Juve. Quindi, se sei Lippi scegli di stare fermo o di andare a pesca, oppure di tentare l’avventura milionaria in Cina. Insomma, fai quello che ti pare, sei Lippi, ovvero ultimo dei ct non toccati dalla maledizione di essere stato ct dell’Italia. Da lì in poi, chi tocca l’azzurro non muore, ma quantomeno sviene. Cesare Prandelli, che con la Nazionale ha chiuso male con il Mondiale in Brasile ma il suo quadriennio azzurro non è stato così negativo nel suo complesso, è sparito dai radar del grande calcio. Fallimento dopo fallimento (per colpe non sempre sue) si è arrivati alla disoccupazione, che nel calcio è tempo libero. Cesare si dimette in Brasile, a Natal, dopo la sconfitta con l’Uruguay, 24 giugno 2014. Abbandona l’azzurro ma non perde subito l’appeal, perché Cesare è molto amato dalla gente, dalla stampa e da tutti. I suoi modi gentili gli hanno sempre dato una mano. Ed ecco che l’8 luglio, ovvero poco più di due settimane dal disastro azzurro brasiliano, viene annunciato Prandelli come allenatore del Galatasaray. Tanti soldi e grandi ambizioni, poi 6 vittorie, 2 pareggi e 8 sconfitte in 16 partite. Arrivederci e grazie. Non va meglio, due anni dopo, a Valencia. Prandelli arriva in Spagna, e la Liga diventa - a suo dire - il miglior campionato, il miglior ambiente dove poter lavorare, il miglior angolo del mondo. Ma cambia tutto in tre mesi, la squadra si spegne, il mercato non decolla e lui si dimette dopo appena 6 punti in 8 partite.

A SPASSO DA RE
La maledizione azzurra continua: il 19 gennaio 2018 finisce la sua avventura - di appena otto mesi - negli Emirati Arabi Uniti con l’Al Nasar. Un arcobaleno in banco e nero, insomma, quello di Cesare. Altro che Lippi. Prima di Cesarone, sorte più o meno analoga è toccata a Roberto Donadoni: dopo l’Italia addio sogni di gloria, addio grandi squadre. Eppure con la Nazionale, nonostante milioni di critiche, non ha fatto malissimo. Il suo problema è che veniva dopo Lippi, per tanti era come passare dal frack alla cannottiera. Quindi il coro era che non avesse personalità e che fosse inadeguato. Donadoni era e resta un bravo allenatore, che bene ha fatto a Napoli, a Cagliari (esonerato da Cellino, ma non è una notizia...), è stato eroico a Parma (che stava fallendo) e ha fatto benino (specie nella prima parte) nel triennio di Bologna. Altro tecnico a spasso? Antonio Conte, ma qui siamo su un altro livello. Conte è un bravo allenatore ed è stato un ottimo ct (sfiorando la semifinale all’ultimo Europeo) e ha vinto la Premier con il Chelsea. Quindi dall’azzurro al blues, la decadenza non lo ha riguardato. Adesso anche lui è un disoccupato e aspetta chiamate interessanti, che lo aiuti a rinunciare ai soldoni che gli deve versare Abramovich. E Tutti i giorni, Antonio prega: che la maledizione azzurra non colpisca anche lui. Guardate Ventura. E’ andato al Chievo. Che in classifica ha meno di zero. Bene, no?
 
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