Coronavirus, Rincon guida il fronte del no in Serie A: «Rigiocare ora è impensabile»

Coronavirus, Rincon guida il fronte del no in Serie A: «Rigiocare ora è impensabile»
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Domenica 5 Aprile 2020, 18:03
Nella sua casa torinese il tempo passa tra accelerazioni rabbiose sul tapis roulant, un corso on line in gestione dello sport organizzato dal Barcellona e tanta solidarietà divisa tra l'Italia e il Venezuela. Anche il coronavirus, però, continua a correre veloce fuori e Tomas Rincon, capitano della nazionale del Paese latinoamericano e centrocampista pensante del Torino, sa di essere un privilegiato: così a questo tempo senza tempo vuole provare a dare un senso, a cominciare da una raccolta fondi per i nuovi poveri. È pieno di interrogativi, il futuro del General, come lo chiamano da quando era ragazzino per l'autorevolezza in campo: ma sulla ripartenza immediata del calcio, tema prioritario nel dibattito sportivo attuale, invece ha solo certezze. Da alto ufficiale, è disposto a guidare il fronte del no. «In questo momento - dice Rincon al telefono con l'ANSA - è impensabile riprendere il campionato, come si fa quando senti che muoiono in Italia centinaia di persone al giorno. Mi sembra anche una mancanza di rispetto. È vero ci sono interessi delle società e lo capisco, noi siamo disposti a tornare in campo quando ci saranno le condizioni di salute, oggi non si può. A dire il vero non sono sicuro nemmeno che si possa riprendere questo campionato». Anche guardando oltre il naso, esercizio difficile per tutti in queste settimane, Rincon è certo che comunque «al di là di quando la situazione sarà migliorata, dovremo stare sempre attenti: pensiamo a quanta gente si dovrebbe spostare anche giocando le partite a porte chiuse. In estate in campo ogni tre giorni con persone al seguito che girano da una città all'altra: a me non pare coerente. Non sono un medico ma stando alla logica non mi sembra la cosa più giusta. Il calcio è molto importante per noi, ma adesso la cosa importante è la salute e non si può rischiare».

Apertura invece sull'altro tema caldo, ovvero la riduzione degli ingaggi. «Ci siamo parlati e capiamo la situazione dei proprietari dei club: quando finirà l'emergenza tutti ci avremo rimesso qualcosa - spiega Rincon -. Noi giocatori siamo disponibili a parlare con il presidente e venire incontro alla società: si dovrà trovare una soluzione consensuale. Bisogna parlarsi, capire se si gioca o no: in serie B molti ragazzi non guadagnano così tanto». Nella situazione surreale dettata dall'isolamento contro la pandemia, il centrocampista granata ammette di essere tra quelli che si possono «lamentare di meno». Per questo ha voluto aiutare chi se la sta passando male, aprendo una raccolta fondi con lo slogan 'Combattiamo insiemè. Un aiuto concreto all'Italia, il suo Paese d'adozione. Nella testa, ma soprattutto nel cuore, non può però non avere anche il Venezuela. «Alla gente del mio Paese dico di stare a casa, perché il coronavirus non può proprio essere sottovalutato. Purtroppo, anche alla luce della crisi economica, cominciano a mancare delle cose e c'è il rischio che le persone si muovano. In questi giorni penso a chi ha perso il lavoro: non voglio parlare della situazione politica venezuelana, anche se stiamo passando l'era più difficile della nostra storia recente. Ma il virus è arrivato e questo aggrava la crisi, che è sotto gli occhi di tutti ed è oggettiva. La gente sta a casa, non lavora, manca la luce: le due cose sommate rendono tutto più difficile».

Parla con orgoglio del suo Venezuela, «ricco di cultura, fatto di uomini colti e grandi leader, come Simon Bolivar.
In tanti sono dovuti andare a cercare fortuna altrove perché la crisi economica è dura. Il coronavirus può solo accentuarla purtroppo. Aiutarli lì è complicato, ma c'è il problema con gli Usa e tanti temi da affrontare. Molte persone stanno aiutando il mio paese, ma anche solo comprare mascherine e mandarle lì è complicato». Intanto studia («Mi piace la materia sulla leadership» confessa) e continua ad allenare anche il fisico. Così passa la quarantena, perché «gli esseri umani, credetemi, possono adattarsi a qualsiasi situazione». È la inopinata saggezza di un calciatore con le stellette da Generale, al tempo della guerra al coronavirus.
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