Stipendi sospesi, la serie A si rifugia in corner

Calcio in crisi, stipendi sospesi, la serie A si rifugia in corner
di Romolo Buffoni
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Sabato 28 Marzo 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 08:53

Giocare appena possibile, per concludere la stagione - assegnando lo scudetto e gli altri titoli sportivi - e limitare il danno economico. Il calcio italiano trascorre la quarantena a spremersi le meningi per trovare la via d’uscita meno dolorosa possibile. Del resto è una situazione mai vissuta se non durante le due guerre mondiali, quando ancora il calcio non rappresentava l’industria che è adesso. Lunedì sarà una giornata fondamentale in questa road-map dell’emergenza: verrà formalizzata all’Assocalciatori nella presona del suo presidente, Damiano Tommasi, la proposta di sospensione degli stipendi per i calciatori di serie A per il periodo in cui non stanno giocando né si stanno allenando nei rispettivi centri sportivi.
MISURA TRANSITORIA
Non si tratta di un piano vero e proprio, che verrà elaborato più in là e che comprenderà le misure già individuate come lo stato di crisi per i club, con conseguente estensione della cassa integrazione ai lavoratori dipendenti iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti con retribuzione annua lorda non superiore a 50 mila euro lordi e la creazione di un Fondo Salvacalcio. Misure contenute in un documento di 32 punti (di cui 9 urgenti) consegnato ieri al governo. Si comincerà con gli ingaggi milionari della serie A, che è il traino di tutto il movimento, su iniziativa del presidente e dell’ad della Lega Paolo Dal Pino e Luigi De Siervo. Sospendere il pagamento degli ingaggi significherebbe l’automatica interruzione del versamento dell’Irpef, che è a carico dei club visto che i calciatori sono dei lavoratori dipendenti e gli ingaggi lordi sono quasi il doppio di quanto finisce nelle tasche di Cristiano Ronaldo (31 milioni l’anno netti) e compagnia calciante. Una misura transitoria, dunque, che come termine ha per il momento quello del 3 aprile ovvero lo stesso del Decreto “Cura Italia” emanato dal Presidente del consiglio e valido per tutto il Paese. Diverso è, per esempio, il caso della Premier League inglese che si è autosospesa fino al 30 aprile non essendoci in vigore ancora nessuna legge dello stato a stabilire limiti e confini del lockdown. Una misura, quella della sospensione degli ingaggi, che intende anticipare anche la prevedibile (ma non scontata) mossa delle pay tv che per ora stanno continuando a pagare per un prodotto di cui non possono più disporre (così come del resto gli abbonati, ai quali però Sky ha perlomeno aperto tutta la sua piattaforma a tutto il suo pubblico), ma che potrebbero chiudere i rubinetti per fronteggiare i loro guai di bilancio.
PALLONI E DENARO FERMI
La crisi economica scatenata dal coronavirus sarà pesante per molti club, anche per quelli più ricchi. Non ha usato perifrasi Andrea Agnelli per descrivere la situazione: «È una minaccia esistenziale per i club europei», ha scritto il numero 1 della Juventus in una lettera indirizzata ai club dell’Eca (European Club Association) che presiede. «Dato che il calcio è ormai fermo - scrive il dirigente bianconero -, lo sono anche i nostri flussi di entrate da cui dipendiamo per pagare i nostri giocatori, il personale e altri costi operativi. Nessuno è immune e il tempismo è essenziale». Sull’argomento è tornato a parlare anche il presidente della Figc Gabriele Gravina: «Non possiamo far finta che il calcio non stia subendo danni economici così come l’industria di tutto il Paese. Il tema del costo del lavoro va posto senza mortificare nessuno, ma ricorrendo a delle ipotesi di sospensione o riduzioni degli stipendi». Nella speranza di «finire la stagione», ormai un mantra per il numero 1 della Federcalcio.

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