Romelu Lukaku, l'uomo simbolo di Conte in «missione» per la sua Inter

Romelu Lukaku, l'uomo simbolo di Conte in «missione» per la sua Inter
di Salvatore Riggio
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Sabato 2 Maggio 2020, 17:38
«Un uomo in missione». Così si definisce Romelu Lukaku all’Inter. Il beniamino di Antonio Conte, che per lui aveva alzato la voce a luglio parlando di un mercato a rilento – tanto da far ipotizzare a qualcuno addirittura le dimissioni – e aveva esortato Suning ad acquistarlo, è il simbolo di questa squadra capace di tornare a lottare con la Juventus. La strada da fare è ancora tanta. Se si riprenderà, la squadra dell’ex ct ripartirà dal terzo posto, a -9 dalla Juventus e a -8 dalla Lazio con la gara con la Sampdoria da recuperare. Lukaku a suon di gol ha fatto dimenticare Icardi, uno tra l’altro nemmeno mai amato dalla maggior parte dei tifosi, ma qualche giorno fa le sue parole avevano fatto scalpore. Aveva parlato di 23 giocatori su 25 malati a gennaio, ma erano state frasi dettate dalla paura di iniziare con la pandemia ancora non debellata, piuttosto che una reale ricostruzione dei fatti. Poi, il belga si è messo tutto alle spalle, postando un video nel proprio profilo di Instagram. C’era lui mentre si allenava nel garage di casa. Pronto, nel caso, a riniziare. Adesso il centravanti torna a parlare, dopo aver giocato in streaming a Call of Duty in collegamento con Bleacher Report. Partendo dall’eliminazione del suo Belgio al Mondiale di Russia 2018: «Quando siamo usciti dall’ultimo mondiale ero comunque euforico. Siamo arrivati fino alle semifinali: non è poco, per un paese di 11 milioni di abitanti. Ma un mese più tardi l’eccitazione ha lasciato spazio al dolore, non appena ho rivisto tutti i video di Russia 2018». Fatale per il Belgio la sconfitta contro la Francia, poi campione. Decisivo il colpo di testa di Umtiti: «Quello è stato difficile, perché ti fa capire quanto ci eravamo andati vicini. E questa cosa mi ha colpito soltanto dopo». Un anno dopo, però, è arrivata la chiamata dell’Inter, che ha bussato alla porta del Manchester United: «Avevo accumulato davvero tanta energia, a partire da quella delusione. Ero un uomo in missione: questo sono io, mi dicevo, andiamo». C’è tempo anche per i ricordi: «Quando a 18 anni ho firmato con il Chelsea è successo tutto in un attimo. Mi ero appena diplomato e mi sono ritrovato subito in treno per Londra. Lì Drogba mi fece capire presto di dovergli mostrare il carattere Blues. Dal primo giorno io e Didier abbiamo cominciato a parlare in continuazione, prima e dopo l’allenamento. Lui, Anelka e ogni altro giocatore di quello spogliatoio mi hanno fatto capire ciò che serve per diventare la persona che sono oggi. Sono stati i calciatori, più dell’allenatore, a fare la differenza per costruire una mentalità vincente: è stata un’ottima fase della mia carriera, ho potuto vedere come hanno vinto la Champions. E questo mi serve ancora oggi». Ed è quello che l’Inter chiede a Romelu. Costruire nel gruppo una mentalità vincente per colmare il gap con la Juventus. Una «missione» per Lukaku.
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