Manchester City-Inter, stasera la finale di Champions: il dubbio Dzeko-Lukaku e i precedenti, serve una notte da miracoli

La sfida quasi impossibile alla squadra di Guardiola che insegue il triplete. L'ultima vittoria italiana fu proprio nerazzurra con Mourinho in panchina

Manchester City-Inter, stasera la finale di Champions: il dubbio Dzeko-Lukaku e i precedenti, serve una notte da miracoli
di Alessandro Angeloni, nostro inviato a Istanbul
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Sabato 10 Giugno 2023, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 16:24

Ultima chiamata, l'Italia si aggrappa all'Inter. Che ha il terribile compito "finale" di scongiurare il triplete al contrario, ovvero quello delle tre italiane finaliste nelle coppe europee tutte sconfitte, contro una delle squadre più forti del mondo. Forte per il potere economico, per le sue doti tecniche e perché è una squadra, diciamolo, vicina alla bellezza: è il Manchester City di Pep Guardiola, il gioiello che invece insegue il triplete, anzi il treble, quello vero. Da una parte, la voglia di stupire e la forza di una storia che in Champions ha già detto Inter più di una volta, dall'altra l'ossessione di alzare al cielo un trofeo fin qui mai vinto. Simone parla di calcio partendo dal basso, da quel modo molto italiano di attaccare difendendosi, Pep è l'espressione di un calcio "possessivo" e verticale. L'Italia ci conta, dopo le brutte esperienze di Roma e Fiorentina: riportare la Champions dalle nostre parti, tredici anni dopo l'Inter di Mourinho, si può, sarebbe la speranza di tanti. Istanbul, che si posa tra l'Europa e l'Asia, parla italiano, i ventimila interisti l'hanno accesa di sogni e speranze.

 

I precedenti

Qui all'Ataturk è caduto il Milan, nel 2005, e il sogno se lo è fatto rubare dal Liverpool nella storica è drammatica notte della rimonta dei Reds.

Il piccolo ha battuto il grande, e così anche nel 94, quando un Barcellona sbruffone si è dovuto inginocchiare davanti al Milan arrivato ad Atene da sfavorito e ridotto a pezzi, ma quella coppa alla fine la vinse umiliando i blaugrana di Romario e Stoichkov, del grande Cruijff che subì la lezione di Capello, prima di umiltà e poi di tattica. Guardiola era in campo, chissà se ogni tanto ricorda cosa significhi perdere da favoriti? Eppure gli è successo anche di recente, da allenatore, cedendo in finale di Champions davanti al Chelsea di Tuchel, anno 2021. Ma questa di Istanbul è l'occasione da non perdere, perché il City ha davvero tutto e di più dell'Inter. Del resto chi ha Haaland (52 reti in 52 gare ma è a secco da quattro partite) non perde mai ma è anche vero che chi può contare su Lautaro Martinez, il toro di Bahia Bianca (28 reti in 54 gare) ha l'obbligo di crederci.

 

E l'Inter se la vuole giocare, Inzaghi può entrare nella storia, o forse nel miracolo. Venire qui sul Bosforo è una grande nota di merito, dopo una stagione tormentata, avendo rischiato anche di lasciarla a metà dell'opera. Simone si è guadagnato il paradiso, oggi è domani. Lui ha poco da perdere, perché ciò che ha guadagnato resterà suo, Pep cerca la svolta europea con il City per non sentire il solito ritornello (che poi è un dato di fatto) che la Champions l'ha conquistata due volte, solo col Barca di Messi. C'è anche un pezzo di Roma qui a Istanbul, un po' di biancoceleste, con Simone e Acerbi è un po' di giallorosso, con Mkhitaryan e Dzeko. Edin si contende il posto con Lukaku, che nelle dodici partite fin qui giocate in Champions League non è mai partito titolare e stasera non c'è motivo che si inverta la rotta. Romelu apparirà, con quel peso del gigante buono, unico che aveva individuato la finale, prima di tutti. «Il Manchester City in questo momento è la squadra più forte del mondo, ma siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui e, con una concentrazione incredibile, sapremo di dover limitare gli errori, per contrastare un'avversaria così forte. Abbiamo una grandissima opportunità di scrivere la storia. Sarà difficilissimo, ma ci proveremo. Lotteremo su ogni centimetri. Saranno importanti le gambe, la testa, che ci servirà per rimanere lucidi in ogni momento della partita e il cuore che è ciò che in certi momenti ti fa trovare delle energie che non pensavi di avere». Inzaghi dixit. Ce ne vorrà tanto di cuore. E non solo quello.

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