Champions, nuovi miti e tecnici in Guardiola

Champions, nuovi miti e tecnici in Guardiola
di Mimmo Ferretti
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Venerdì 19 Aprile 2019, 09:30
Un tranquillo, elegante signore dell’Estremadura spagnola; un paffutello hombre della provincia di Santa Fe; un pelatone olandese con l’outfit da consulente finanziario e un vulcanico tedesco, nato a Stoccarda ma da sempre cittadino agitato del mondo. Sono i (magnifici) quattro allenatori delle migliori quattro squadre d’Europa. E se la presenza di Ernesto Valverde (Barcellona) e Jurgen Klopp (Liverpool) tra i semifinalisti di Champions League non sorprende, altrettanto non si può dire nel vedere Mauricio Pochettino (Tottenham) e Erik ten Hag (Ajax) tra i top coach continentali. Un dato che non può passarla liscia e che sta generando l’ennesimo dibattito pallonaro. Alimentato, anno dopo anno, da nuove mode e antichi difetti. 

STELLE E METEORE
Di certo, questa è una stagione che a livello internazionale ha partorito più di una sorpresa, e soltanto il fatto di non vedere in campo, pardon in panchina, pezzi da novanta come Josè Mourinho, Carlo Ancelotti, Diego Simeone, Max Allegri e soprattutto Pep Guardiola lo sta a confermare. Sbaglia, però, chi ritiene che gli allenatori appena citati per il solo fatto di non essere ancora in corsa per la Champions siano bolliti, finiti, ormai inutili. Il calcio, come detto, vive di suggestioni, di sogni e anche di tante sciocchezze. Un anno fa, di questi tempi, si parlava di Eusebio Di Francesco come di un fenomeno per l’impresa centrata dalla Roma contro il Barcellona: oggi, complici errori suoi e altrui, EDF è diventato una specie di disgrazia. E, così, i nomi che stuzzicano le fantasie popolari sono quelli di ten Hag, il maestro dei bambini terribili di Amsterdam, e di Pochettino, il serafico conducente dell’astronave Spurs. Diventati in un amen portatori sani di progetti vincenti, anzi invincibili. Tecnici bravi, bravissimi ma un po’ neofiti, a certi livelli. Il che non significa che non siano all’altezza, per carità, ma soltanto che hanno bisogno di conferme. E il rendimento delle loro squadre nei rispettivi campionati nazionali sta a dimostrare che, per ora, non sono il massimo.

GIOCO E GIOCATORI
Affermare che il Guardiolismo è superato e che il Cholismo va sistemato in cantina, ad esempio, significa fare un processo sommario (e somaro) alla storia. Mourinho, per dirne un altro, non può essere diventato un brocco soltanto perché a Manchester ha fallito (due anni fa, tra le altre csoe, ha vinto l’Europa League...). Non esiste al mondo un (grande) allenatore che, almeno un volta nella vita, non sia stato cacciato. Neppure Sir Alex Ferguson può vantare un percorso netto. Se mai, va ricordata una cosa fondamentale: la forza di un tecnico la fa la squadra. I giocatori, quindi. Se tu hai Leo Messi e vinci trofei a raffica, il merito è anche tuo. Se tu vinci con emeriti sconosciuti, il merito è praticamente tutto tuo. è una sorta di equazione perfetta, anche se non matematica. Si rimprovera, in queste ore, a Guardiola che senza più Messi in Champions ha infilato solo brutte figure e zero vittorie. Vero, perché lo dice la storia. E che ha fatto spendere una marea di soldi a vuoto dai suoi club. Ma il Barcellona di Messi, e non più di Guardiola, giusto un anno fa è stato mandato a casa con le ossa rotte dalla Roma di Di Francesco. E nelle ultime sette stagioni - senza Pep - il Barça ha alzato al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie solo una volta. 
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