Calciomercato: la grande fabbrica delle parole inutili

Calciomercato: la grande fabbrica delle parole inutili
di Mimmo Ferretti
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Lunedì 18 Luglio 2016, 10:13 - Ultimo aggiornamento: 13:29
ROMA Parole, parole, parole. Tante. Forse troppe. E, soprattutto, uguali. Al punto che se uno prendesse un giornale di un anno fa, o anche di dieci anni fa, troverebbe gli stessi concetti espressi - più o meno - allo stesso modo. Il precampionato è un mare di frasi fatte, un oceano di banalità. Solo buoni propositi, mai una parola fuori posto. Tutto scontato, tutto prevedibile oltre che previsto. Inutile? Inutile. Un codice dialettico dal quale non si può e non si vuole derogare; anzi, non si deve derogare. Per non correre il rischio di sembrare diverso, quindi strano, inadeguato. Specie se sei giovane e ti affacci con la prima squadra. Meglio far parte del gruppo che tentare la fuga solitaria. E, poi, sotto l'ombrellone è giusto che il tifoso fantastichi e non si deprima. Per quello, se mai, ci sarà sempre tempo.
LE FALSE VERITÀ
Ma i silenzi stampa parlati, le conferenze pregne di ovvietà e le interviste condite dal nulla non vedono protagonisti soltanto i ragazzini di primo pelo, e basta farsi un giretto sui quotidiani o i siti specializzati per averne una conferma. Dal campione affermato al pippone, dall'onesto mestierante alla riserva in servizio permanente effettivo, nessuno sfugge alla regola. Una sorta di vademecum del bravo (bravo?) calciatore. E non solo. Il top trash, imbattuto e imbattibile, è di un qualsiasi nuovo acquisto appena arrivato nella sua nuova squadra: «Non avevo mai lavorato così duramente». Che è un solenne calcio in faccia alla vecchia società, preparatori atletici e allenatore compresi. Gettonatissimo «Sono venuto qui perché c'è un grande progetto». Cioè, l'ho fatto per i soldi, ma dirlo non sta bene e non porta le simpatie dei tifosi. E poi il sempre verde «Io sono convinto che possiamo fare bene», che è la conferma che la squadra ha grossi limiti, ma anche in questo caso meglio bluffare. C'è la classica ruffianata «Daremo il massimo per i nostri tifosi»; il triste «Conta il gruppo, non contano i singoli» per mascherare la povertà della rosa, una frase spesso abbinata all'ancor più avvilente «Anche Messi e Ronaldo non vincono le partite da soli». Immancabile «Il gruppo è buono, c'è grande sintonia» oppure «Sì, lo so ci sono squadre più forti di noi ma non partiamo battuti». E ci mancherebbe pure. Se nella stagione si è fatto ridere, e si è rimasti solo per mancanza di offerte, ecco puntualissimo «Quest'anno mi sento diverso, ma a me basta avere la fiducia del mister». E la maglia della nazionale? «Giocare in Nazionale, si sa, è il sogno di tutti ma potrò arrivarci solo se farò bene con la mia squadra». Ma davvero? Veramente?
LA SCARAMANZIA
E i mister? E quando ce li freghi... Catenaccio e via. Si va da «Il nostro obiettivo è la salvezza» a «Il nostro obiettivo è l'Europa» fino a «Il nostro obiettivo è la Champions» a secondo del budget societario. Scudetto? «Non voglio nominare quella parola...», come se la sfiga fosse direttamente proporzionale al valore della rosa. Ma «Voglio una squadra camaleontica» non ha rivali, nettamente davanti a «Si sa, soltanto una potrà vincere ma noi faremo di tutto per essere protagonisti». E i nuovi, mister? «Se sono qui, vuol dire che crediamo in loro». E i possibili acquisti? «Scusate, ma non parlo di chi non sta qui». Peccato.