Azzurro, il colore dei sogni compie 110 anni

Azzurro, il colore dei sogni compie 110 anni
di Piero Mei
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Mercoledì 6 Gennaio 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 23:10

Azzurro è il colore dell’Italia. Sportiva. Da 110 anni. Fu il 6 gennaio 1911 che i calciatori della Nazionale scesero in campo, all’Arena Civica di Milano, con la maglia che sarebbe divenuta l’abito del mito sportivo del Belpaese. Per la cronaca, vinse l’Ungheria 1 a 0. L’Italia aveva già disputato altre amichevoli, al color bianco. La tinta neutra e neutrale era stata scelta perché i dirigenti d’inizio secolo non sapevano raggiungere un accordo neppure cromatico, e perciò si può dire che in fondo siamo sempre gli stessi.
Ci sono alcune fantasiose teorie sulla scelta dell’azzurro: era caduta la neve su Milano (ma non aveva bloccato la città, non c’era il traffico né il resto del 2020) e dunque per distinguere i giocatori dal contorno bisognava colorarli; l’azzurro fu selezionato perché somigliava all’uniforme sportiva dei francesi che allora erano un punto di riferimento artistico e culturale per il provincialismo italico che ne era la versione un po’ stinta: i francesi vestono in bleu e difatti vengono chiamati “Les Bleus”; l’azzurro fu preferito perché sembra rappresentare il colore dei mari e dei cieli d’Italia, spiegazione che venne accreditata a posteriori ai tempi del nazionalismo fascista.
In realtà la scelta fu di ossequio: blu Savoia, o azzurro Savoia, era il colore della casa regnante, che si rifaceva alla venerazione per la Vergine Maria e dunque si era ispirata alla tinta del suo manto, da secoli.
La scelta del calcio non fu immediatamente seguita dagli altri sport: l'anno dopo, a Stoccolma 1912, Giochi Olimpici, gli italiani erano vestiti di bianco e la faccenda continuò con alterne fortune. Fu in occasione delle Olimpiadi di Los Angeles 1932 che tutti furono azzurri, e perfino molto vincenti: 12 medaglie d’oro, tra le quali quella meravigliosa di Luigi Beccali nei 1500 metri dell’atletica, e che restarono un record per l’Italia, superato solo quando le Olimpiadi le facemmo in casa a Roma ’60 e poi ancora ai Giochi a metà di Los Angeles ’84, boicottati dal blocco comunista.
Non erano, però, “squarci d’azzurro”. Il colore della maglia ha scandito il tempo buono, che ha se non sempre spesso, accompagnato i risultati internazionali delle atlete e degli atleti italiani che alla conta delle medaglie d’oro nella storia accumulata dei Giochi moderni vedono l’Italia al sesto posto. Cì+ un altro settore della vita in cui questo capita?
Mussolini e i suoi gerarchi tentarono negli Anni Trenta un “golpe”, vestendo gli atleti in maglia nera, maglia che poi divenne, nel dopoguerra, l’emblema dell’ultimo classificato al Giro d’Italia- La rivoluzione cromatica però non incontrò il favore popolare e fu lasciata cadere- Ci si accontentà del fascio littorio stampato o ricamato sul fronte, naturalmente destro, della maglia, mentre su quello sinistro, il lato del cuore, restava sempre lo scudetto sabaudo, croce bianca in campo rosso. Il fascismo e la monarchia si fronteggiavano, ma in fondo, come in politica, erano “complici”.
Sparirono i simboli dopo la Seconda Guerra mondiale, comparve lo scudetto tricolore, cantammo “Fratelli d’Italia”. L’azzurro divenne simbolo dell’Italia e delle tante vittorie. Anche quando la politica spogliò gli azzurri del nome Italia, Mosca 1980, e del tricolore, l’azzurro rimase, e vinse ancora. Nessuno poté togliere il colore: l’inno e la bandiera erano del governo, ma l’azzurro era dello sport. Che era autonomo, allora. E domani?
 

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