A luglio 2019, nella lista dei giocatori "scartati" dal settore giovanile della Lazio, c'era anche il nome di Bruno Chiné, figlio del pm che ha deferito Lotito e i due medici biancocelesti Pulcini e Rodia nell'ambito del caso tamponi. Una "familiarità" che non è sfuggita ai tifosi biancocelesti più sospettosi, che hanno pensato a un'incompatibilità. Bruno infatti, classe 2003, ha giocato a lungo come terzino nel settore giovanile della Lazio per poi essere liberato nel 2019, finendo all'Urbetevere.
A esprimersi però già sulla questione fu il Coni ai tempi del caso Zarate-Lotito: già allora il capo della procura della Figc, Giuseppe Chiné, aveva posto all’attenzione della Procura del Coni il quesito di compatibilità visto che il figlio Bruno aveva giocato nella Lazio. Il Coni aveva risposto negativamente: non c'era alcun caso di incompatibilità.
Chiné negli ultimi giorni ha accelerato i tempi sul caso tamponi perché ha già accettato l’incarico come Capo di Gabinetto del Mef: tra i due ruoli non c’è incompatibilità formale, piuttosto è una questione di tempi e mole di lavoro.