dal nostro inviato
SIVIGLIA Nella vita il ruolo di guastafeste gli è sempre piaciuto. Soprattutto in Spagna. C'è ancora chi ieri, sui media iberici, ricordava lo sgambetto al Barcellona di Guardiola con l'Inter del Triplete. Così Mourinho, in una Siviglia vestita a festa che il 12 ottobre - come l'intera nazione - omaggia la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492 e l'hispanidad, intesa come identità nazionale, medita lo scherzetto. E poco importa che Halloween sia ancora lontano. Quella di questa sera contro il Betis è una gara da vincere. O almeno non perdere. Come accaduto in campionato con l'Inter il 1° ottobre, la Roma è davanti al classico crocevia. Stavolta europeo.
CROCEVIA
La classifica del gruppo C, dopo il ko firmato Luiz Henrique una settimana fa, si è incredibilmente complicata. Complice il passo falso al debutto contro il Ludogorets che ora precede i giallorossi di un punto. L'obiettivo al Benito Villamarin è dunque quello di uscire almeno con un pareggio. Perché le lunghezze da recuperare sui bulgari (qualora vincessero con l'Hjk) diventerebbero tre (una partita, quindi, anziché due) con lo scontro diretto da giocare all'Olimpico. Senza contare che il Betis non sarebbe certo del primato nel girone e non potrebbe abbassare la guardia. Proprio per questo motivo Mourinho non fa calcoli. E in alcuni reparti non potrebbe nemmeno farli, viste le numerose defezioni. La Roma ha gli uomini contati in tutti i ruoli (out Dybala, Celik, Karsdorp e Wijnaldum per infortunio, Zaniolo per squalifica) anche se a far rumore è l'assenza di Dybala.
Dopo essersi esposto in modo netto nel post-gara contro il Lecce, stavolta José fa un passo indietro: «Con Paulo abbiamo deciso internamente di non parlare di tempi, di gradi della lesione, di non dare nemmeno i tempi rispetto al suo ko.
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EFFICACIA
Più loquace invece quando gli viene chiesto di Tammy: «Non segna? È un problema di squadra. Ci sono giocatori di grande livello che vivono situazioni simili, in Italia e fuori. Sono momenti. Per voi (riferito ai media, ndr) è tutto un numero, per noi la verità è che abbiamo bisogno di gol per vincere. Se si vincesse con le opportunità saremmo primi in Serie A, perché creiamo tanto. Un giorno qualche squadra pagherà per questa frustrazione, perché magari creeremo 4 palle gol e le realizzeremo tutte. Per quello che produciamo segniamo poco. Dobbiamo essere più efficaci». Nemmeno la rosa più lunga sta aiutando. Perché se l'inglese non segna, il Gallo è fermo alla rete con l'Hjk. E a proposito di rose: «Ho imparato a piangere meno di quello che facevo prima. Dire che si gioca troppo, che i giocatori di oggi rispetto a quelli di ieri hanno una carriera diversa o che i club più ricchi possono gestire meglio, è inutile. La verità è che ci sono ricchi e poveri. I poveri giocano una volta a settimana, i ricchi possono giocare quando vogliono, i meno ricchi hanno ambizioni equilibrate ma giocano le stesse gare dei ricchi e sono in difficoltà. È una situazione con cui ho imparato a convivere qui alla Roma».