FUTURO?
Oggi: il Balotelli fuori forma, assenze agli allenamenti (gastroenterite, nella giustificazione medica), negligenze (così il Brescia) nel lavoro a casa in lockdown. Ieri: il Balotelli che rinunciava ai soldi del Flamengo per tornare all’ovile, quartiere Mompiano, stavolta è la volta buona. Ecco. Per immaginare un domani si possono ricordare i corteggiamenti di un’estate fa. Qui da noi, serie A, Parma e Verona. Molto più in là: le sirene cinesi, i già citati rossoneri del calcio carioca, le voci sul Toronto, sponda Major League Soccer, dove già emigrava felice Giovinco. Era, appunto, quasi dodici mesi orsono. Archiviava la Francia, Balotelli. E c’era ancora più di un club pronto a prendere in mano quel cubo.
HABITAT
Mentre Cellino spedisce la lettera di licenziamento (la prima proposta sarebbe stata la rescissione consensuale, tuttavia rifiutata) l’ultimo cenno di Balotelli ai 9 milioni di follower su Instagram, distante cinque giorni, è l’omaggio a George Floyd. Hashtag: «Say no to racism». Nell’universo di Balotelli c’è anche quella questione lì – ultima cartolina, il pallone scagliato verso alcuni tifosi del Verona, novembre scorso – conficcata in un percorso pieno di curve, dolori, gioie, aspettative sfibranti, sorrisi e fughe dal mondo. Col Brescia, ultimo e tormentato, cinque gol in 19 partite. Siamo al ribasso di un valore che ha vissuto apici (l’esordio in A a 17 anni, i tre scudetti con Mancini e Mou, il 2012 con Premier, finale europea e copertina di Time) e picchiate (le balotellate, gli ultimi cenni francesi). Fosse Italia o Inghilterra o Francia, e cioè Inter, Milan, Brescia, Man City, Liverpool, Nizza e Marsiglia, Balotelli è rimasto incastrato fra l’idea di una fiamma sprecata e quella di un talento sovrastimato. Oltreoceano? Sarebbe l’ennesima ma inedita prova su pista. «La scommessa Balotelli l’ho persa», così parlò Cellino. Il cubo di Rubik è sempre lì: finché qualcuno non si stuferà lasciandolo a impolverarsi su qualche mensola.
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