Atalanta, il rimpianto sta anche nell’aver ridato fiato a Domenech

Atalanta, il rimpianto sta anche nell’aver ridato fiato a Domenech
di Gianfranco Teotino
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Venerdì 14 Agosto 2020, 09:30
Ci mancava soltanto Domenech. Uno che il sangue avvelenato da les italiens ce l’ha da quel 9 luglio 2006, il giorno della finale mondiale che gli andò per traverso. Uno considerato da molti un perdente nato, ma un perdente saccente, perché nonostante i suoi guai professionali ha continuato e continua a dare lezioni di calcio, di un calcio che talvolta mostra di capire poco. Non che fosse lui il francese responsabile del trionfo della Nazionale di Lippi, quella volta semmai andò a finire così per il contributo di un colpo di testa, di testata, di Zidane, ma soprattutto perché gli azzurri furono più bravi. Certo è che Domenech, poi diventato famoso per il clamoroso ammutinamento di Ribery e compagni, quattro anni dopo ai Mondiali in Sudafrica, sembra la rappresentazione vivente di tutti gli stereotipi antifrancesi: presuntuoso, arrogante, attaccabrighe e iper-nazionalista. Ecco perché la sua battuta contro Gasperini, e contro tutti gli allenatori italiani, ha suscitato l’indignazione dell’intero Belpaese: pure quei pochi che l’altra sera non hanno tifato Atalanta si sono ricompattati nel respingere la provocazione del campione del mondo di antipatia.

Ché poi le affermazioni di Domenech si basano su un presupposto assolutamente infondato: e cioè che Gasperini abbia sbagliato i cambi nel finale di partita. Come se Gomez non avesse un problema al ginocchio. Come se Djimsiti non rischiasse l’espulsione. Come se Zapata non fosse stremato. E come se in panchina l’Atalanta potesse disporre di un Mbappé, o di un Draxler, o di un Peredes. Tant’è. La vera colpa dell’allenatore nerazzurro per Domenech è allenare una squadra italiana, oltre che quella di avergli fatto sfiorare un’altra figuraccia. Sì, perché un mese fa il tecnico francese se n’era uscito con una previsione sprezzante: «Con la difesa che ha, l’Atalanta non potrà certo mettere in difficoltà il Psg». Gasperini gli aveva risposto con garbo e ironia. Aumentando evidentemente il suo livore.

Attenzione però a non farsi troppo distrarre dal caso Domenech. Non è a causa degli allenatori italiani in genere, e tantomeno di Gasperini, ma è un fatto che il calcio italiano celebri in questi giorni la ricorrenza di dieci anni senza un successo in Champions League, soltanto due finali juventine perdute. Nel decennio precedente c’erano state tre vittorie e due finali, in quello precedente ancora due vittorie e cinque finali. Per dire come siamo caduti in basso. Siamo diventati più poveri e più brutti. Distanti anni luce dalla superpotenza inglese, scavalcati stabilmente da spagnoli e tedeschi, ora ci tocca fare i conti pure con la doppietta più inattesa e fastidiosa: Francia-Italia 2-0. E se l’Atalanta è stata quasi eroica contro i nababbi del Psg, come si poteva pensare che la Juventus dei nove scudetti consecutivi si dovesse arrendere al Lione, 7° nel campione francese? Domenech dirà anche sciocchezze, ma adesso se la ride.
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