Roma, il futuro di Fonseca è tutto da scrivere

Roma, il futuro di Fonseca è tutto da scrivere
di Stefano Carina
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Domenica 9 Agosto 2020, 07:34
«Non è tempo di bilanci». Nemmeno nel post-gara con la Juventus, Fonseca aveva accennato ad un resoconto della sua prima annata in giallorosso. Ha voluto attendere la gara con il Siviglia, convinto probabilmente che la striscia di 7 vittorie nelle ultime 8 gare di campionato, gli potesse regalare la svolta necessaria per ribaltare di colpo una stagione deludente. Non può definirsi altrimenti un anno dove l’obiettivo principale sbandierato a settembre («Puntiamo alla zona Champions e a vincere un trofeo») gli stava sfuggendo dalle mani. Paulo ha quindi provato l’all-in contro l’ex Monchi. Gli è andata male, sovrastato nel gioco, nella corsa e nella tecnica. Ci si attendeva a quel punto una presa di coscienza, un’ammissione. E invece Fonseca, ha sorpreso tutti: «È stata una stagione positiva». Piccolo bignami per i più distratti: quinto posto in campionato, con 29 giornate su 38 fuori dalle prime 4; 51 gol subiti in serie A (peggio, ultimamente, solo nella stagione 2012-2013 con 56); 13 sconfitte (10 in A, 2 in Europa League, 1 in Coppa Italia) in 49 gare disputate (26%); parco calciatori svalutato (basti pensare a Pau Lopez, Mancini, Cristante, Under, Kluivert); tolta “l’amichevole” dell’ultima giornata contro la Juventus, non ha mai vinto contro le squadre che lo hanno preceduto in classifica; in Europa League, appena 3 successi (Gent e doppietta con il Basaksehir) in 9 gare disputate; rapporti da ricucire con Zaniolo e Dzeko che al termine del ko con il Siviglia lo ha chiamato duramente in causa per la preparazione sbagliata della gara. Considerando inoltre i suoi ultimi tre predecessori, Paulo è quello che al debutto ha fatto peggio. Al primo anno, Garcia tagliò il traguardo degli 85 punti (+15); Spalletti, prendendo la squadra in corsa e in crisi 80 (+10); Di Francesco ne fece 77 (+7) con in dote la semifinale di Champions.
TEMPO ALLEATO
Definire a questo punto la stagione «positiva» appare quantomeno singolare. Il timore che il filotto finale in campionato possa aver regalato una percezione diversa esiste. Vanno tuttavia sottolineate due cose: 1) L’exploit non è servito a nulla se non a finire a 8 punti dalla Lazio (ad un certo punto il distacco era -20), quarta; 2) Anche se ricordarlo creerà qualche prurito, almeno in 4 gare casalinghe (Parma, Verona, Inter e Fiorentina) la Roma per una volta nella sua storia non è stata sfortunata a livello arbitrale, con decisioni che le hanno permesso di tenere a debita distanza il Milan. Il bicchiere, ad essere generosi, è dunque mezzo vuoto, anche contando gli infortuni a catena (oltre 50, di cui una trentina muscolari) che hanno costellato l’annata. Se erano motivo di critica per Di Francesco, il metro di giudizio non può cambiare. Chiaramente non è tutto da buttare. Paulo ha dimostrato alcune intuizioni tecnico-tattiche degne di nota (il passaggio dal 4-2-3-1 al 3-4-2-1, Mancini avanzato in mediana), capacità di gestire anche con il pugno duro alcune situazioni intricate (l’invito ad uscire dagli spogliatoi a Petrachi a Reggio Emilia; i casi Under, Kluivert e Zaniolo), un bon-ton nell’approcciarsi con i media non sempre di casa a Trigoria. Il passaggio di proprietà normalmente porta con sé rivoluzioni. Non dovrebbe essere questo il caso anche se Paulo è sotto osservazione. Il problema sono i tempi: molto ristretti. Tra 18 giorni la Roma si ritrova ed è ancora senza ds, al quale normalmente viene demandata (o con il quale si condivide) una scelta del genere. Fonseca, dunque, a meno di un ds che abbia già pronto un tecnico al quale affidarsi (ne parliamo nell’articolo qui sotto, ndc), avrà una nuova chance. La Champions sarà il metro di giudizio. Tre anni senza l’Europa che conta, potrebbe pesare anche ad un magnate come Friedkin.
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