Roma, la storia di Mayoral e della sua doppia sfida

Borja Mayoral
di Stefano Carina
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Mercoledì 14 Ottobre 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 09:00

Ha iniziato a dribblare sin da piccolo. Prima degli avversari, la paura. Quella che a 4 anni - quando gli è stato diagnosticato il diabete - ha fatto temere a Borja Mayoral di dover accantonare i sogni prima di coltivarli. E invece, aiutato dalla presenza costante di mamma Isabel che prima di ogni allenamento lo costringeva a farsi controllare il livello di zucchero nel sangue, ha iniziato a conviverci: «All’inizio sei spaventato, poi ti rendi conto che si tratta di capire e crescere». Borja lo ha fatto in fretta. Anche per non rimanere indietro al fratello maggiore, Kity, che giocava nelle giovanili dell’Atletico Madrid. Nel 2007 il Real bussa alla sua porta e inizia quell’avventura che da un paio di settimane lo ha portato alla Roma. 
VOGLIA DI RIVINCITA 
A 23 anni ha già tanto da raccontare. Ma ancor di più da dimostrare. Perché dopo l’exploit nelle giovanili dei blancos con un soprannome che equivale ad un macigno - “il nuovo Raul Blanco” - Mayoral ha esordito a 18 anni in prima squadra contro il Las Palmas per poi regalarsi una parentesi al Wolfsburg e gli ultimi due anni al Levante. In un calcio che esalta e fagocita alla stessa velocità, Borja già si porta dietro l’etichetta di promessa mancata. Ma un ragazzo capace di segnare 148 gol nelle giovanili e che a 20 anni appena compiuti è stato capace di togliersi la soddisfazione di siglare la prima rete nella Liga (alla Real Sociedad) e in Champions (al Borussia Dortmund) non può essere uno qualunque. Singolare che per dimostrarlo, quando per la prima volta Zidane sembrava volergli regalare più spazio alle spalle di Benzema, abbia scelto la Roma. Perché anche qui c’è un totem, di nome Dzeko. Lo spagnolo però è pronto. A far da vice a Edin o a giocarci insieme. Del resto il ruolo di seconda punta sembra ritagliato su misura per lui. Calciatore completo, calcia con entrambi i piedi, si fa rispettare nel gioco aereo, si mette sempre a disposizione dei compagni anche a discapito di qualche gol (al Levante ne ha segnati 14 in 69 gare, coppe comprese). Fonseca in questa pausa ha potuto vederlo da vicino, parlarci e iniziare a lavorarci. Ora il calendario presenta sette gare (Benevento, Young Boys, Milan, Cska Sofia, Fiorentina, Cluj e Genoa) nelle prossime tre settimane. Spazio per vederlo all’opera non mancherà. Anche perché la curiosità non è solo dei tifosi. Ma anche dei Friedkin che prima di dare il via libera all’operazione, hanno chiesto allo scout Cavallo una relazione sull’attaccante, trovando conferme sulle qualità del calciatore. 
CONTO ALLA ROVESCIA 
Procede intanto la ricerca di un ds.

I nuovi proprietari - che prima di Roma-Juventus hanno avuto modo d’incrociare e salutare Zaniolo - sono alla ricerca di una figura che conosca la lingua inglese, particolare che permetterebbe loro di confrontarsi senza intermediari. In Italia ce ne sono pochi e uno di questi, Paratici, domani conoscerà il suo destino nell’assemblea dei soci juventina. L’orientamento intrapreso dai Friedkin sembra tuttavia rivolto ad un profilo internazionale, fuori dalle logiche nostrane. I nomi sono i soliti (Rangnick, Campos, Emenalo, Orta) ma la volontà condivisa anche con la dirigenza in loco, è che il nuovo ds sia presente costantemente a Trigoria. Un identikit che sembra far perdere posizioni a Campos che invece ama lavorare dal suo feudo a Montecarlo. Un’investitura che permetterà al Ceo Fienga - dopo una sovraesposizione mediatica alla quale non era abituato - di tornare a breve dietro le quinte.

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