Emanuele Yoshikawa, arbitro di origini nipponiche promosso in A: «Io bandiera del Giappone e di Roma»

Emanuele Yoshikawa, arbitro di origini nipponiche promosso in A: «Io bandiera del Giappone e di Roma»
di Roberto Avantaggiato
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Venerdì 4 Settembre 2020, 07:30
«Promosso». Come uno studente appena uscito dall’esame di maturità, Daisuke Emanuele Yoshikawa, 33 anni, ha fatto partire il messaggio sul telefono. Non appena il Comunicato dell’Aia che lo ammetteva alla Can A e B è diventato ufficiale, ha voluto comunicare la notizia al nonno Osamu, 97 anni, in attesa nel lontano Giappone di sapere se il nipote, assistente arbitrale nel calcio italiano, era riuscito a farcela. «Lo vedo pochissime volte, e ci tenevo a fargli sapere subito la bella notizia».
Un bel regalo...
«Sì, così come è stato un regalo per mia madre, che proprio martedì ha festeggiato gli anni».
Mamma italiana?
«Sì, è mio padre Junich che è nato a Osaka».
E come è finito in Italia?
«È venuto a Roma per studiare canto al conservatorio e poi è rimasto qui».
Lei, invece, è nato a Roma
«Sì, sono e mi sento italiano a tutti gli effetti».
Sui campi di calcio però non tutti se ne accorgono.
«È vero, ma ormai ci sono abituato. Pensi che in tanti mi scambiano per cinese...».
Chissà quante situazioni strane, quindi?
«La cosa più fastidiosa è quando qualcuno mi ricorda il disastro di Fukushima. Mi dispiace molto perché non sanno cosa significa quella tragedia per il Giappone».
Come è diventato arbitro?
«Su suggerimento di un mio amico, che a 20 anni mi disse: andiamo a fare il corso così entriamo gratis allo stadio. Sono arrivato fino alla Promozione, poi ho capito che avevo più attitudine a fare l’assistente».
Ora allo stadio entra senza tessera...
«Già sarà davvero una bella emozione andare sui campi che prima vedevo solo in televisione».
Troverà un ambiente che ancora conosce poco?
«E per questo dovrò lavorare tanto e imparare in fretta».
A Coverciano è già stato?
«Sì, in occasione del raduno degli assistenti di C prima dei play-off. È un tempio del calcio, nel quale vivi davvero la storia dell’Italia calcistica».
A proposito. Ha giocato mai a calcio?
«Sì, ho fatto la trafila nelle giovanili, poi ho giocato a tennis a livello agonistico, prima di diventare arbitro».
Con il Var che rapporto ha?
«Al momento nessuno, dovrò imparare molto anche sotto questo profilo. Per ora, in serie B è ancora in fase sperimentale e io comincerò proprio dai cadetti il mio nuovo percorso».
Lei è un elettricista, non sarà facile conciliare le due attività?
«Lo so, finora i colleghi e la mia azienda sono stati molto disponibili, spero possano esserlo ancora. Soprattutto per gli allenamenti, che nei poli sezionali spesso si svolgono all’ora di pranzo».
Erano cinque anni che un assistente arbitrale di Roma 1 non arrivava in serie A. Ha rotto l’incantesimo.
«Il merito non è solo mio ma del lavoro del nostro presidente, Roberto Bonardo, che ringrazio. Ha formato un gruppo specifico per lavorare sugli assistenti e i risultati sono arrivati».
Promozione dedicata al suo presidente e a chi altro?
«Bè, alla mia famiglia, ovviamente, che mi ha sempre sostenuto in questo percorso. Eppoi alla mia fidanzata: non è facile trovare la persona giusta che accetti il mio stile di vita».
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