Pau Gasol dà l'addio al basket: «Scelta difficile, ma devo cambiare»

Pau Gasol dà l'addio al basket: «Scelta difficile, ma devo cambiare»
di Giacomo Rossetti
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Mercoledì 6 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:31

Ma allora non era eterno. Dopo vent’anni di spettacolo, Pau Gasol dà l’addio al basket. Già. In una conferenza stampa ad alto tasso di malinconia, il campione spagnolo ha chiuso a quarantun anni un capitolo fondamentale della sua vita: «Mi ritiro dal basket professionistico. È una scelta difficile dopo tanti anni, ma anche meditata. Mi porta a un cambiamento, che dovrò sfruttare».

ALLA CONQUISTA DEL MONDO
Il sogno chiamato Nba prese forma nella Barcellona di fine millennio, quando il lungagnone catalano iniziava a far vedere all’Europa (e al mondo) che quelle mani delicatissime e quell’IQ cestistico non potevano essere sprecate in un campionato diverso dalla lega a stelle e strisce. Due annate con la canotta del Barça addosso, poi la chiamata al Draft come terzo assoluto nel 2001. Gli americani, storicamente autarchici nei confronti dei “loro” sport, fino a pochi anni prima guardavano i giocatori europei con molta diffidenza. Ma i tifosi dei Memphis Grizzlies, quando capirono che il giovane iberico era un campione, misero da parte i pregiudizi e si godettero anni d’oro.

EROE DI MEMPHIS
Per la franchigia del Tennessee, infatti, esiste un prima e un dopo Pau: senza di lui, mai erano riusciti ad arrivare ai playoff. Col suo avvento ci riusciranno per la prima volta nel 2003-2004 e per altre due annate di fila: Gasol (che al primo anno di blu-notte vestito aveva conquistato il premio di rookie dell’anno) è una macchina di punti e rimbalzi. Nelle sue sei stagioni e mezza a Memphis, Pau si guadagna un posto speciale nel cuore degli appassionati della palla a spicchi: grande agonista, mai scorretto, un trascinatore. E quando a febbraio 2008 decide di fare il grande salto, lascia il suo amato club nelle mani del fratello Marc.

Che ha onorato eccome la pesante eredità concessagli. Quando a febbraio 2008 sbarca ai Los Angeles Lakers, Pau ha l’opportunità di giocare con il giocatore più forte di quegli anni. Kobe Bryant si combina alla perfezione con il lungo catalano, e dall’annata successiva non ce n’è per nessuno: la coppia conquista due anelli di fila (2009 e 2010). Se Kobe è Batman, Pau è molto di più di un Robin. Parlando in conferenza dell’amico scomparso, Gasol fatica a trattenere la commozione: «Mi piacerebbe molto che fosse qui. La vita è davvero ingiusta, lui e sua figlia Gigi ci mancano tanto. Mi ha insegnato cosa significa essere veramente un vincente. Per me è un fratello maggiore». Gianna (di cui Gigi è il diminutivo), è il secondo nome della figlia di Pau.Se negli Stati Uniti è amato, in Spagna Pau Gasol è idolatrato: per una generazione (e più) di ragazzi ha rappresentato il primo connazionale non solo capace di imporsi in Nba, ma di trascinare la Roja, la Nazionale, a vette mai viste. Nel 2006 Gasol è l’MVP del Mondiale vinto in Giappone (in cui, per ironia della sorte, non giocherà la finale), mentre alle Olimpiadi conquista due argenti di fila (a Pechino e a Londra). Tre gli Europei vinti (2009, 2011, 2015), così per gradire. «Ho vinto coppe e medaglie, ma la cosa più importante è sfruttare il momento con la gente a cui vuoi bene». Quindi, attenzione: «Non è un addio ma un arrivederci. Finisce la carriera da giocatore, ma altre strade si aprono. Sono sicuro che avrò altre occasioni di fare qualcosa di importante». Ne siamo certi, Pau.

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