USA, assalto al Congresso: i giocatori NBA si inginocchiano durante l'inno

I giocatori NBA si inginocchiano durante l'inno dopo l'assalto al Congresso di Washington
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Giovedì 7 Gennaio 2021, 11:46 - Ultimo aggiornamento: 13:01

L'attacco al Congresso di Washington ha scosso l'America. Dopo l'assalto dei più estremi sostenitori del presidente USA uscente Donald Trump per evitare la certificazione della vittoria di Joe Biden (arrivata poi nella prima mattinata italiana), la NBA ha deciso comunque di scendere in campo nonostante gli occhi e i pensieri di tutti fossero alle immagini di Washington.

Nessuna partita sospesa quindi, ma tanti gesti compiuti prima della palla a due dall'intero movimento di basket americano: «Il 2021 è un nuovo anno, ma tante cose non sono cambiate - si legge in un comunicato congiunto di Boston Celtics e Miami Heat prima della palla a due -. Scendiamo in campo, ma abbiamo il cuore pesante per quanto successo. La drastica differenza con cui le proteste di questa primavera ed estate sono state trattate rispetto all'incoraggiamento dato agli assalitori di oggi che hanno agito illegalmente dimostra quanto lavoro ancora ci sia da fare».

Dall'inno in ginocchio agli abbracci: le reazioni dei giocatori NBA

In Golden State Warriors-Clippers entrambe le squadre si sono inginocchiate come era già successo nel corso di tutte le partite nella bolla di Orlando dopo la morte di George Floyd. I giocatori di Raptors e Suns si sono uniti tutti in cerchio insieme agli staff delle due squadre. Un doppio segnale di forte dissociazione rispetto a quanto accadeva fuori dal parquet. Miami Heat e Boston, prima del comunicato hanno ragionato seriamente sulla possibilità di non scendere in campo, tanto che i Celtics avevano lasciato il campo. Poi la retromarcia: «Questa sera abbiamo deciso di scendere in campo per continuare a portare gioia nelle vite degli appassionati, ma non dobbiamo mai dimenticare che viviamo in un mondo dove l'ingiustizia sociale la fa da padrone e continueremo a usare la nostra voce affinché le cose possano cambiare».

«Ero convinto che alla fine la gara non iniziasse», ha raccontato il coach di Boston Brad Stevens nelle interviste post gara.

Sempre lato Celtics, Jaylen Brown e Jayson Tatum si sono presentati insieme davanti alla stampa: «C’è una frase di Martin Luther King che dice: ci sono due Americhe divise. In una vieni ucciso se dormi nella tua macchina o vendi sigarette. Nell’altra puoi fare irruzione nel Congresso e non venire fermato, senza gas o arresti, niente del genere», le parole di Brown. 

Sul tema è intervenuto anche Doc Rivers, sempre in prima linea quando si parla di diritti: «Ovviamente quello che abbiamo è disturbante e triste, ma non è un attacco alla democrazia. Perché la democrazia prevarrà sempre. Ma rivela comunque molto. Quest’estate, quando ci sono state le proteste, si vedevano la polizia, la guardia nazionale e l’esercito. Ora guardi le immagini e non c’è niente di tutto questo. Sostanzialmente certifica che c’è una vita privilegiata e una no. Riuscite a immaginare cosa sarebbe successo se fossero state delle persone di colore ad assaltare il Capitol Hill? Per me quella è un’immagine che vale mille parole. Nessun cane della polizia rivolto contro le persone, nessun manganello che colpisce la gente, tutti semplicemente scortati fuori dal Congresso in maniera pacifica. Quindi è possibile disperdere una folla in maniera pacifica, si può fare. È un giorno triste per molti motivi, ma è parte di quello che siamo e dobbiamo risolverlo».

Milwaukee Bucks e Detroit Pistons hanno invece lasciato uscire il pallone in rimessa laterale subito dopo la palla a due, inginocchiandosi poi in mezzo al parquet. Stessa cosa sulle rispettive panchine. Poi sono arrivate le parole dell'ultimo MVP Giannis Antetokounmpo: «Tutto questo dà fastidio a me e a noi. Perché quando smetterò di giocare mio figlio crescerà qui in America, e mio figlio è nero. Non posso immaginare che lui debba vedere quello che ho visto io. Perciò se ho la possibilità di migliorare le cose anche per un 2%, è quello che devo fare. Sono arrivato qui sette anni e mezzo fa, ma quello che sta succedendo continua a succedere. E dobbiamo fare qualcosa». Dura reazione anche del campione dei Clippers Kawhi Leonard: «Chiunque di noi fosse stato lì sarebbe stato colpito col gas, col taser o forse ferito con armi da fuoco. Questo è il privilegio in America».

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