Fontecchio: «Tokyo il mio trampolino per il sogno Nba. La Serie A dia più spazio ai giovani»

Fontecchio: «Tokyo il mio trampolino per il sogno Nba. La Serie A dia più spazio ai giovani»
di Gianluca Cordella
4 Minuti di Lettura
Domenica 15 Agosto 2021, 07:30

È stato l’uomo copertina dell’Italbasket olimpica. Idolatrato dai social e dagli analisti Nba.

Simone Fontecchio, sta ripensando ancora alla partita persa contro la Francia?

«Di continuo. Spiace perché davvero siamo arrivati a un passo dall’impresa, un paio di possessi e potevamo portarla a casa. Poi a mente lucida ti rendi conto di quello che abbiamo fatto quest’estate e non si può non essere contenti».

Italbasket alle Olimpiadi trascinata dal pescarese Fontecchio e dal teatino Ricci

Prima del preolimpico di Belgrado eravate consapevoli della forza di questa Nazionale?

«Ci siamo stupiti da soli. Fino al pre-olimpico non ci rendevamo conto del nostro livello, non avevamo fatto praticamente nemmeno un’amichevole con il gruppo al completo. Poi dopo il debutto abbiamo iniziato a crederci sempre di più e ci siamo portati quella consapevolezza anche alle Olimpiadi».

Dove lei è diventato l’uomo copertina...

«Ho giocato bene, questo è indubbio. Ma la nostra forza è sempre stato il gruppo. I veterani, dal Gallo a Melli fino a Polonara, sono stati decisivi nel fare da collante in una rosa in cui chiunque entrasse, per 30 secondi o per 30 minuti, dava l’anima. Nessuno aveva pretese, nessuno pensava a se stesso».

Qual è l’immagine più nitida che si è portato indietro da Tokyo?

«La vittoria sulla Nigeria, il momento in cui Mannion ha messo la tripla decisiva e abbiamo capito di essere tra le migliori otto».

Cartoline da Tokyo: i complimenti di Ingles...

«Mi hanno fatto piacere ma sono figli di un fraintendimento».

Cioè?

«Un paio di giorni prima della sfida all’Australia mi avevano chiesto quale fosse il loro giocatore che stimavo di più e avevo fatto il suo nome. Gli hanno riportato che era il mio idolo... Lo rispetto ma i miei idoli sono altri».

E allora chi sono gli idoli?

«Due su tutti: Kobe e LeBron».

La morte di Bryant l’avrà distrutta...

«È stato terribile.

Ma credo per gli appassionati di tutto il pianeta. Io ho avuto l’occasione di fare un allenamento con lui a Milano qualche anno fa, per un evento legato al suo sponsor, e mi tengo stretto quel ricordo. Un’oretta in cui ovviamente aveva parlato a tutti in italiano».

Torniamo alle cartoline da Tokyo: la Fiba l’ha ribattezzata Splash Fratello, accostandola a Klay Thompson...

«Che esagerazione! Non vi dico le prese in giro nello spogliatoio...».

Chiudiamo con il tweet dell’analista Nba Tim Reynolds: «Sto cercando di capire perché Fontecchio non sia in questa lega».

«Parole che fanno piacere ma da lì ad arrivare in Nba ce ne passa».

Un sogno irrealizzabile?

«Dipendesse da me... Cioè: è chiaro che dipende anche da me e da come gioco ma devono allinearsi una miriade di elementi. Se dovesse arrivare un’offerta seria e concreta non ci penserei su due volte, ma credo sia molto difficile».

La sua carriera nelle tre tappe chiave: Virtus Bologna.

«I primi a darmi una vera possibilità in Serie A. Avevo solo 17 anni».

Milano: cosa non è andato?

«Forse ero troppo giovane, ma non è facilissimo avere poche opportunità e riuscire sfruttarle».

Arriviamo a Berlino...

«La prima società a darmi una chance reale in Eurolega. All’Alba ho lasciato un pezzo di cuore».

Perché tanti talenti azzurri devono “emigrare”?

«In Italia ci sono poche opportunità per i giovani. Specie se hai l’ambizione di giocare l’Eurolega e in Italia c’è una squadra sola che la fa».

Mannion ha lasciato l’Nba per la Serie A.

«Non me l’aspettavo, ma capisco la scelta di non voler firmare un altro contratto da “precario” ai Warriors. Una società come la Virtus che punta anche a tornare in Eurolega è una rampa di lancio perfetta per lui».

Mannion, Scariolo, Melli: una Serie A grandi firme?

«Un ottimo segnale per il basket italiano. Ma non dimentichiamoci che la spinta della Nazionale ha avuto il suo peso».

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