Scherma, a pochi giorni da Rio Alessandro Pesce, il fisioterapista della Nazionale si racconta tra speranze, paure e la spalla di Montano

Scherma, a pochi giorni da Rio Alessandro Pesce, il fisioterapista della Nazionale si racconta tra speranze, paure e la spalla di Montano
di Emiliano Bernardini
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Lunedì 25 Luglio 2016, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 22:25
Il grande orologio presente nel palazzo del Coni e che scandisce il countdown, segna meno undici. Undici giorni alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Rio. Toccherà subito alla scherma. Nove giorni di gare, dal 6 al 14 agosto, alla Carioca Arena 3 per assegnare i 10 titoli olimpici in palio. Diciassette gli schermidori che si alterneranno in pedana. Ad occuparsi dei loro muscoli ci sarà Alessandro Pesce, fisioterapista ufficiale della Nazionale di Scherma Italiana insieme al coordinatore dei fisioterapisti Fis, Stefano Vandini. Pesce tra il 2009 e il 2010 è stato anche il fisioterapista dei Mondiali di Nuoto di Roma e degli Europei di Beach Soccer. Nel 2012 ha fondato lo studio di riabilitazione Physioathletic Center, a Roma, dove moltissimi atleti si affidano alle sue cure.

Questa è la sua prima Olimpiade, che sensazioni ha provato quando ha ricevuto la “convocazione”?

«Ho seguito le Olimpiadi di Londra molto da vicino avendo avuto la fortuna di essere ospitato da un amico che viveva lì. Viste le emozioni provate, promisi a lui che ce l'avrei messa tutta per arrivare alla convocazione dell'Olimpiade di Rio 2016. Lui in quel momento mi guardò sbalordito ma allo stesso tempo sorrise compiaciuto. Più che sensazioni mi sono tornati in mente tutti quei momenti vissuti dal 2008 in poi, data in cui ho iniziato la mia avventura con la scherma: dalla prima convocazione alla nazionale under 20, alla prima gara di coppa del mondo con la nazionale maggiore, fino ad arrivare all'emozione del mio primo mondiale. Poi finalmente il gran giorno: la convocazione ufficiale alle olimpiadi di Rio, firmata dal medico federale della nazionale, Antonio Fiore. La più grande manifestazione sportiva a cui un fisioterapista sportivo possa ambire. Forse solo dopo la mia avventura saprò decifrare bene le mie emozioni e godermi realmente questo traguardo».

Lei svolge un ruolo fondamentale, ci racconta come si prepara un atleta prima e dopo la gara?

«Non so se sia fondamentale, però credo che possa aiutare l'atleta in maniera considerevole, sia prima che durante la competizione e dal punto di vista fisico che mentale. Molto spesso, infatti, l'atleta prima della competizione è molto teso ed ha bisogno di essere rassicurato sotto tutti i punti di vista. È molto importante capire l'atleta nel momento pre gara, in modo di poter dare quegli input per il raggiungimento dell'obiettivo finale».

Qual è il momento più importante?

«Secondo me non esiste un unico momento, ce ne sono almeno due. Il primo è seguire e capire l'atleta durante l'allenamento, risolvere i suoi problemi e aiutarlo a lavorare sullo sforzo, quando è in fatica. Il secondo è durante la gara quando iniziano ad affiorare i primi "problemi" fisici, i primi affaticamenti; è lì che l'atleta va supportato e stimolato a superare i propri limiti che molto spesso sono anche mentali oltre che fisici, sopratutto negli sport individuali».

Una cosa che non deve mancare mai?

«La sensibilità, il tatto di capire il momento e riuscire a trasmettere quell'energia positiva che può aiutare l'atleta a superare il momento di difficoltà...e poi mai dimenticare la cosa più importante: la borsa medica, (ride, ndr)».

La situazione più complicata che ha dovuto affrontare?

«Il momento più delicato è senza dubbio quello che stiamo vivendo adesso e che riguarda Aldo Montano.
Da ottobre scorso, fino a marzo di quest'anno, ci siamo a lungo interrogati con tutto lo staff sanitario sul da farsi relativamente alla situazione del suo brutto infortunio alla spalla. Poi, ad aprile, abbiamo preso la decisione più rischiosa a soli quattro mesi dalle Olimpiadi, insieme al Dott. Antonio Fiore, medico federale fis e al Dott. Alessandro Pagliaccia medico responsabile del settore sciabola. Rischiosa sì, ma anche ponderata al massimo: intervenire a livello chirurgico. Ci siamo consultati naturalmente con Giovanni Sirovich cittì della sciabola e poi rivolti allo specialista in materia Giovanni Di Giacomo. Tutti, in quel momento, ci siamo messi in gioco, in primis Montano stesso. Abbiamo ritenuto che l'operazione fosse l'unica strada percorribile per riuscire a portare Aldo in Brasile e farlo salire in pedana. Tra pochi giorni sapremo se questa scelta sia stata vincente. Già rivederlo in pedana negli allenamenti é motivo di grande orgoglio. Ma si sa, un conto sono gli allenamenti, un altro la gara. Parliamo però di un atleta di assoluto spessore internazionale sia a livello tecnico che fisico, di un campione. E come tutti i fuoriclasse, il recupero fisico é più veloce rispetto agli altri. È da quattro mesi che, grazie al lavoro di equipe giornaliero e feedback quotidiani tra noi, riusciamo a captare segnali positivi e risolvere quelli negativi. Questa è la scommessa, il momento più delicato e importante che stiamo andando ad affrontare. E di fatto, in questi mesi, la sua spalla è diventata un po' anche la mia...».


C'è stata una volta in cui ha rimesso in piedi un atleta che sembrava “out” e che invece poi ha vinto?

«Agli Europei di Zagabria 2013, un’atleta di punta della sciabola femminile, Irene Vecchi, aveva rimediato un brutto infortunio: strappo al retto dell’addome e rischiava addirittura di non partecipare alla competizione. Dopo una rapida consultazione, all’ultimo, decidemmo di farla partire. Ma ci trovammo costretti a farle sostenere doppie sedute per curarla, a volte anche fino a tarda notte. Il giorno della gara è stato, fino ad oggi, uno dei più lunghi della mia carriera. Ricordo ogni momento. Cercai di trovare il bendaggio più funzionale alla sua prestazione. Ero teso, ma alla fine riuscii a farla gareggiare e salire in pedana. La cosa ancora più importante e incredibile è stata vederla vincere il bronzo. E l’abbraccio finale tra me e lei un’emozione unica, una delle giornate più belle da quando faccio parte della Nazionale di scherma».

Quanto conta la testa per prevenire gli infortuni?

«La testa svolge un ruolo fondamentale; gli interventi di natura psicologica sulla gestione, sul trattamento e sulla prevenzione non sono meno importanti dell'allenamento e assumono un ruolo di primaria importanza tale da dover  essere inseriti nel training quotidiano dell'atleta e nei programmi riabilitativi».

E' il momento di fare le valigie per Rio: una cosa che non può mancare e una cosa che sicuramente lascerà a casa?

«Beh sicuramente la prima cosa che mi viene in mente e che di certo non può mancare è la positività e la voglia di aiutare i nostri ragazzi a portare in alto il tricolore.... e poi che dire a casa lasciamo familiari e amici a tifare per la nostra nazione​».
 
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