Valentino Sciotti sulla crisi economica nel ciclismo: «Tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità»

Valentino Sciotti sulla crisi economica nel ciclismo: «Tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità»
di Francesca Monzone
4 Minuti di Lettura
Giovedì 16 Aprile 2020, 22:30
A rendere difficile il mondo delle sponsorizzazioni, c’erano già le crisi internazionali e le politiche fiscali, ma adesso,  a mettere a dura prova l’economia sportiva è la tragedia del coronavirus.
A spiegarci bene come funzionano le sponsorizzazioni nello sport, è Valentino Sciotti, che da anni investe nelle squadre ciclistiche e non solo. Sciotti è tra i nomi più celebri al mondo nel settore vinicolo e in questa stagione, è tra gli sponsor principali dalla Israel Start Up Nation, squadra ciclistica world tour e  della formazione professional Vini Zabù KTM. Oltre a queste due squadre c’è una partecipazione nell’Astana di Vinokourov, nella squadra di calcio della Lazio e per la coppia di beach volley Lupo-Nicolai, argento alle Olimpiadi di Rio. 
Come sta andando l’economia dello sport?
“Tutti leggiamo quello che sta accadendo a l’intera economia mondiale. È un anno difficile e lo sport deve essere considerato come una vera e propria industria e come tutte le industrie, adesso sta vivendo una profonda crisi”.
Il ciclismo più di altri sport è in sofferenza. Perché?
“Il ciclismo a differenza di altri sport, vive esclusivamente di sponsorizzazioni, non ci sono altre entrate economiche. Le squadre non hanno delle scorte economiche e normalmente chiudono i bilanci alla pari”.
I soldi delle sponsorizzazioni a cosa vengono destinati principalmente?
“La risorsa principale viene destinata al pagamento degli stipendi, non solo degli atleti, ma di tutto il personale. Mentre gli sponsor tecnici investono fornendo principalmente i materiali e solo una parte in liquidità”. 
Che anno è questo per le sponsorizzazioni?
“È un anno difficilissimo. Lo sponsor non investe solo per passione, l’investimento viene fatto per un interesse economico. Non correndo le squadre, per lo sponsor non c’è il ritorno economico e di conseguenza è come se la sponsorizzazione costasse il doppio, senza avere nulla in cambio”. 
Ci sono squadre che stanno riducendo gli stipendi, la colpa è tutta degli sponsor?
“È troppo facile dare la colpa solo all’investitore o ai team manager, che fanno tanti sacrifici per mantenere in piedi le squadre. Tutti devono sacrificarsi, lasciando fuori naturalmente i ragazzi che sono al minimo dello stipendio. Ognuno deve fare la propria parte”. 
Per uno sponsor come voi, se non ci sono le corse a quanto ammonta il danno economico?
“Nel mio caso al cento per cento, perché abbiamo investito soldi ma indietro non stiamo avendo nulla. Lo sponsor nel momento in cui investe sta acquistando una prestazione sportiva, ma se questa non si svolge, noi non abbiamo nulla. Certamente nessuno ha cercato questa situazione, è una crisi mondiale e anche l’industria sportiva deve essere trattata al pari delle altre industrie”.
Lei in qualità di sponsor ha deciso di ridurre il suo investimento?
“Assolutamente no, la parola è parola, noi abbiamo preso un impegno e lo portiamo avanti. Ci vuole buon senso in questi momenti e bisogna capire le difficoltà che sono emerse. Se si interrompe l’investimento, verranno a mancare delle squadre e questo andrà ad indebolire anche quei team che ora sono economicamente forti. Bisogna considerare anche che non si deve abbassare troppo il valore, perché avrebbe un impatto negativo sulla prossima stagione”. 
Questa crisi andrà a colpire anche il mercato dei corridori?
“Sicuramente perchè è tutta una catena. Le squadre non producono e quindi non accantonano risorse economiche e i soldi degli sponsor, servono anche per acquistare i corridori. Meno soldi ci saranno e meno valore avrà un atleta”.
Ci sono squadre che stanno tagliando gli stipendi a causa degli sponsor che non pagano più o pagano meno. Come si risolve questo problema?
“Per il momento ci sono solo alcune squadre che stanno vivendo questa difficoltà, ma inevitabilmente altri sponsor stanno rivedendo i loro investimenti. Quest’anno c’è stata la disgrazia del coronavirus che nessuno poteva prevedere, ma il sistema andrebbe completamente rivisto e tutti dovrebbero assumersi le proprie responsabilità. Non dobbiamo dimenticarci che le aziende che mettono soldi nelle squadre, effettuano pagamenti mensili, ma con una produzione praticamente ferma, tutte le aziende sono in sofferenza”. 
A suo avviso in quale modo bisognerebbe affrontare la crisi economica nel ciclismo?
“La Federazione Ciclistica Internazionale avrebbe dovuto aprire un tavolo di discussione, ma non è successo. Sarebbe utile fare un incontro tra team, investitori e organizzatori e trovare una forma di dialogo e capire bene la situazione. Nessuno sa quanto durerà questa crisi e se dovesse durare tutto l’anno? Che fine farebbero le squadre”?
Si sta pensando di ripartire con le corse in agosto, l’Italia attualmente è il Paese in Europa che sta iniziando a superare la crisi per il  coronavirus. Possiamo iniziare ad essere positivi?
“Il problema non è solo italiano ma è globale. I confini tra Paesi sono ormai solo storici, perché la gente si sposta di continuo. In realtà se corri in Italia devi considerare l’arrivo di  tifosi e squadre da tutto il mondo. Basta una persona positiva al virus, per ricadere nell’emergenza. Voglio essere fiducioso e sperare nella medicina. Per combattere il coronavirus come team abbiamo acquistato le mascherine e altri prodotti medici che sono stati inviati in vari ospedali, come Farnese Vini, abbiamo acquistato dei respiratori. Dobbiamo essere tutti uniti e partecipare attivamente per vincere questa guerra”
© RIPRODUZIONE RISERVATA