La vittoria della 23° Minitransat 2021 non è italiana come quella del 2019 quando Ambrogio Beccaria, oggi 30, anni, milanese, vinse entrambe le tappe e, primo italiano della storia si aggiudicò alla grande la regata riservata a solitari che partono su piccoli scafi di 6.50 da Les Sables d’Olonne e dopo uno scalo alle Canarie, si lanciano nella traversata dell’Atlantico con traguardo ai Caraibi in Guadalupa, senza contatti con terra e senza assistenza meteo dall’esterno. Nel senso che non “comunicano” né “condividono” – una cosa straordinaria in questa epoca super-connessa - non hanno routier che li guidino da terra e devono fare tutto da sé, accontentandosi di un bollettino al giorno.
La vittoria questa volta non parla italiano, ma con il milanese Alberto Riva su Edilizia Acrobatica e il romano Giammarco “Mambo” Sardi su Antistene che nel pomeriggio di oggi, domenica 14 novembre, hanno tagliato al 2° e 5° posto il traguardo, l’Italia ci è andata molto vicino. Anzi ci sono state delle giornate in cui i due si sono alternati in testa alla flotta della categoria di serie, facendo sperare e eccitando le rispettive tifoserie. Allo sprint finale però, l’ha spuntata il francese Hugo Dhalleme, così come è francese Pierre Le Roy, il vincitore della categoria prototipi.
“Hugo (Dhallenne) ci ha spinto fino ai nostri limiti. – racconta un Alberto sorridente e con i capelli scaruffati - L’ho visto rimontare in classifica e mi sono chiesto come facesse . Era un incubo!
La tappa è stata dura mentalmente Soprattutto all’inizio. Partire sapendo che non ci sarà vento per tutto il percorso è difficile. Sapevo che sarebbe stata molto lunga Le condizioni erano più da Mediterraneo. Certo non da Atlantico. Per fortuna la mia scelta di fare una rotta più a sud ha pagato. Ho scoperto all’arrivo il mio posto in classifica. Sapevo di essere tra i primi, ma essere secondo è una gran bella sorpresa Sono molto felice di questo piazzamento, ma lo sono soprattutto di essere qui e di aver attraversato l’Atlantico ! Non conto di fermarmi, la Mini Transat mi ha dato il gusto dell’Atlantico, un gusto che mi piacerebbe ritrovare ancora
A poche ore da Alberto Riva tocca a Mambo tagliare la linea di arrivo alle 19.37 ora italiana.
“ È bellissimo finire nei primi 5 in questa seconda tappa! – dichiara a caldo - Conoscevo già la rotta tra le Canarie e le Antille, anche se è la prima volta che vengo in Guadalupa. Mi sento super-bene.
(Alberto Riva) sia arrivato secondo in questa manche e che senza dubbio sia molto bene anche in classifica generale. Gli italiani sono stati avanti bene in questa tappa ed è motivo di orgoglio. Grazie al mio gruppo di addestramento, grazie al mio coach Ambrogio Beccaria e grazie alla Classe Mini Italia.”
Bella avventura umana quella della MiniTransat, regata in qualche modo ancora pura, che al di là del risultato agonistico, continua ad essere un’impresa di uomini e donne che mettono alla prova se stessi.
La vera competizione è lì, e concludere la traversata è comunque una vittoria per ciascuno di loro.
Una caratteristica che emerge dalle dichiarazioni a caldo dopo aver tagliato il traguardo dopo 16 giorni soli con se stessi, su un guscio di noce – il Mini 6.50 è lo scafo più piccolo in assoluto con il quale si può partecipare a una regata transoceanica - non connessi, alle prese con l’immensità dell’Oceano e con tutte le difficoltà e le prove che impone.
C’è per esempio Pierre Le Roy che dedica la vittoria al padre, mancato prima di poter vedere la barca costruita e quindi la vittoria, al quale confessa aver pensato ininterrottamente. C’è Irina Grachena, 4° nei prototipi, una rinuncia per disalberamento nella edizione del 2019, felice di esser arrivata fino in fondo. C’è Victor Turpin al quale è pesata tantissimo la solitudine, molto di più rispetto alla sua prima Minitransat nel 2015. Comune denominatore di tutti: aver toccato terra, e già pensare alla prossima navigazione.