Matteo Berrettini, il coach Santopadre: «Tornerà più forte. È stata dura rinunciare ai tornei sulla terra»

"Sembra un paradosso, ma a volte fermarsi fa bene"

Matteo Berrettini, il coach Santopadre: «Tornerà più forte. È stata dura rinunciare ai tornei sulla terra»
di Vincenzo Martucci
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Martedì 7 Giugno 2022, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 09:14

Matteo Berrettini rientra domani alle gare al torneo da 250mila euro di Stoccarda, che dal 2015 si disputa sull’erba, coach Vincenzo Santopadre che in Germania è accompagnato dal co-allenatore Marco Guliscano e dal fisioterapista Alessio Martini, in attesa che al gruppo si aggreghi Umberto Rianna della FIT, ci ha raccontato come sta il numero 10 del mondo sulla strada del Queen’s, che l’anno scorso ha vinto, e di Wimbledon dove ha portato il primo italiano in finale.

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Matteo non gioca dal 7 marzo, quando ha perso a Indian Wells, il 29 si è operato alla mano destra, ha ripreso ad allenarsi i primi di maggio. Come sta ora?
«Si è ripreso completamente, come suo solito ha lavorato molto bene e ha migliorato sotto tanti aspetti. La macchina è comunque ancora da rodare: ha bisogno di giocare partite e di ritrovare sensazioni».

Gioca Stoccarda perché è il torneo del suo sponsor?
«No, c’è anche questa coincidenza, ma abbiamo pensato di aggiungere un torneo in più che inizialmente non era previsto proprio perché è utile alla sua ripresa, per tornare al top».

Perché ha ripreso ad allenarsi a Barcellona?
«Perché si è operato lì e il medico voleva assistere ai primi passi della ripresa: i primi giorni in realtà si è allenato con la mano sinistra e sulla parte sinistra del fisico abbiamo fatto un lavoro che altrimenti in un altro momento non avremmo potuto fare. Poi abbiamo dovuto lavorare con calma sul recupero dell’elasticità della mano e quindi sulla fluidità. Matteo è stato come al solito bravo a capire e a lavorare al meglio e a non forzare all’inizio col dritto».

Si dice spesso che Matteo dopo gli infortuni torna più forte.
«Sembra un paradosso ma fermarsi ogni tanto e non giocare tornei fa bene.

Ed è vero che ogni volta, al rientro, Matteo ha dimostrato coi fatti di essere più forte di prima. Io lo vedo migliorato fisicamente e anche tecnicamente nella risposta al servizio».

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Mentalmente come sta dopo aver rinunciato a tanti tornei a lui cari?
«Quel blocco Montecarlo, Madrid, Roma e Parigi è stato duro da digerire, sono alcuni dei tornei che preferisce e ai quali è più legato. Ma è un agonista, gli piace anche lavorare e faticare, per cui non vede l’ora di ritrovare l’adrenalina della partita».

Eppoi c’è la storia dei punti in classifica di Wimbledon che non potrà difendere per il boicottaggio dell’ATP.
«Nessuno può essere contento per questa decisione, che era difficile e bisognava dare un segnale importante. Va anche detto che Matteo avrebbe preferito essere interpellato. La questione si poteva gestire meglio».

Eguagliare o anche migliorare i risultati dell’erba di un anno fa sarebbe un sogno.
«Ovviamente lui ha una naturale preoccupazione, in senso buono, stavolta c’è una pressione diversa, ci arriva in un altro modo, dovrà essere bravo a gestire anche questa situazione».

Non è che questi fuori programma, le comparsate e le amiche lo hanno un po’ destabilizzato?
«Per destabilizzare Matteo ci vuole una bomba, ha tutti e due i piedi ben piantati per terra, certe volte anzi dovrebbe rilassarsi un po’ di più. È un ragazzo responsabile, un gran lavoratore, sempre molto regolato, e sarei davvero sorpreso se un giorno facesse qualcosa fuori luogo come atleta. Diciamo che certe cose che fa vengono notate ed ampliate più di quando le fanno altri. Fa parte del gioco. Quelle paparazzate sono arrivate nelle settimane in cui Matteo non solo non poteva allenarsi ma non poteva nemmeno sudare».

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Avete visto la finale di Parigi?
«Solo io, Matteo aveva in contemporanea un impegno con lo sponsor».

Senza il povero Zverev, senza Medvedev, con Tsitsipas che sull’erba fa più fatica, i rivali di Wimbledon si riducono ancora.
«Ci sono Rafa, Djokovic e poi altri che per come è fatto il tabellone si annullano fra di loro. Ma cominciamo da Stoccarda».

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