Malagò: «Sos azzurri, serve un Decreto Legge salva Italia»

Malagò: «Sos azzurri, serve un Decreto Legge salva Italia»
di Romolo Buffoni e Alvaro Moretti
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Domenica 17 Gennaio 2021, 05:50

In Italia c’è la crisi di governo e il 27 gennaio è alle porte. Quel giorno il Cio potrebbe privare l’Italia della bandiera e dell’inno per le Olimpiadi di Tokyo a causa della violazione della Carta Olimpica. È ancora possibile evitare la sanzione? 
«Ogni giorno che passa la situazione si fa più complessa e preoccupante. Il lato positivo è che tutti i soggetti istituzionali in campo sono perfettamente al corrente della problematica, che si sono impegnati a risolvere seppur al fotofinish».
Cosa può evitare la sanzione?
«Il 24 giugno 2019, giorno dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali del 2026 a Milano-Cortina, il presidente del Cio Bach, per rispetto della storia del Coni e qualcosa anche grazie al rapporto col sottoscritto, si è fidato del premier Conte, che gli promise con una stretta di mano di risolvere questa grave situazione».
La soluzione non può che arrivare attraverso un decreto. Che cosa ci deve essere scritto?
«Non credo sia realistico poter riparare ogni dettaglio e mettere tutti i puntini sulle i, quindi ritengo che si debba intervenire per sanare lo spaventoso contenzioso col Cio e, nei mesi successivi, entrare nel dettaglio».
Di cosa ha bisogno il Coni per stare dentro l’art. 27 della Carta Olimpica?
«Il Coni è obbligato - come qualsiasi altro comitato olimpico mondiale - a chiedere una sola cosa: autonomia. Deve avere asset. Ovvero uffici, strutture, computer, beni strumentali e, al tempo stesso, deve avere l’autonomia gestionale di organizzare eventi, progetti di marketing, senza doverne rispondere ad altri soggetti, tanto più allo Stato. E deve avere personale per fare tutto ciò, mentre adesso l’unico dipendente del Coni sono io in quanto legale rappresentante. A dipendenti e collaboratori la busta paga la dà Sport e Salute, con un aggravio di costi per il Coni che deve aggiungerci Iva e un ulteriore 5% per la prestazione ricevuta. E a Sport e Salute fa capo anche la società che controlla la mia e-mail. Tutto ciò che è categoricamente vietato dalla Carta Olimpica».
Tokyo è ancora in bilico. In Giappone l’opinione pubblica non è propensa alla disputa dei Giochi. C’è paura di ospitare migliaia di persone non vaccinate.
«Il Cio dà le più ampie garanzie. Il nuovo primo ministro Suga le ha confermate e ribadite così come il sindaco di Tokyo. Poi certo, ci sono dei problemi. Bisogna capire ciò che accadrà da qui al 23 luglio».
Per andare alle Olimpiadi gli atleti avranno l’obbligo di vaccinarsi?
«Lungi da me lanciare un messaggio che può essere strumentalizzato. Posso solo dire che sono persone che si sono allenate non per 4 ma per 5 anni e rischiano di saltare i Giochi se si beccano il Covid a giugno. E non sono persone che possono stare attente e non muoversi. Ma non sarò certo io a dire: dovete vaccinarvi».
Sarà già un successo poster sfilare con il tricolore e ascoltare l’inno di Mameli, ma ha già ipotizzato quante medaglie potrà vincere l’Italia a Tokyo?
«A Rio arrivammo a 28, come a Londra 2012 e, dopo essermi confrontato con dirigenti e tecnici federali, credo possano esserci grandi sorprese determinate dalla pandemia. Domina l’incertezza a causa delle preparazioni interrotte, dell’assenza di pubblico e così via. Mi auguro un raccolto migliore di cinque anni fa».
Quando pensa potrà tornare il pubblico sugli spalti?
«Rispetto ad altri non faccio previsioni: visto come vanno le cose, non lo so».
L’Italia ha ottenuto l’organizzazione di grandi eventi, a cominciare dai prossimi Mondiali di sci a Cortina che, con Milano, nel ‘26 ospiterà i Giochi invernali. E poi ancora le Atp Finals di tennis a Torino, città che, ancora con Milano, ospiterà in autunno la Nations League di calcio. Tutto al nord. A Roma non restano che tre partite dell’Europeo itinerante: ma se per il Covid si decidesse di organizzare una “bolla” nella Capitale, saremmo pronti?
«Può essere una buona idea, ma è giusto che nel caso siano Uefa e Figc i soggetti decisori. Di certo l’Italia quando si impegna è in grado di fare tutto. Siamo fantastici quando andiamo sull’ultimo secondo. Come per i Mondiali di ciclismo, organizzati in quattro e quattr’otto. A proposito, nell’era Covid su 206 Paesi siamo quelli che hanno ospitato l’ultimo mondiale e che organizzeranno il primo».
La ferita che sta subendo la scuola è l stessa che sta subendo lo sport; c’è una generazione “di guerra” che rischia di saltare. Come valuta questi danni?
«C’è un triplice combinato disposto. Prima questione: noi lo sport nella scuola lo facciamo poco e male sia per ore messe a disposizione, sia per mancanza in pianta organica di istruttori, sia per fatiscenza e messa a norma degli impianti. Secondo punto: chi compensava era l’associazionismo sportivo, entrato in crisi per ovvi motivi. Terzo: dal 1994 a oggi abbiamo perso ben 5 milioni di ragazzi dai 18 ai 35 anni e la base umana è diminuita. Sono perciò preoccupatissimo per l’attività di base e di vertice».
Anche il ricchissimo calcio professionistico sta andando in crisi pesantemente.
«Lo sport di vertice dovrà farsi trovare pronto quando ci sarà la ripartenza e a tutti servono riforme strutturali».
Intanto l’Inter cerca nuovi soci o nuovi padroni, la Roma la scorsa estate è passata di mano e lei è stato uno dei pochi ad aver conosciuto di persona Dan e Ryan Friedkin, padre e figlio che hanno rilevato il club. Che impressione ne ha tratto?
«Ottima. Si tratta di due persone che prima di prendere decisioni valutano attentamente le cose. E sono investitori di lungo termine, la miglior garanzia per una società sportiva».
Tornando alla politica: c’è stata molta attenzione al numero dei mandati dei presidenti del Coni e delle Federazioni. Secondo lei qual è il tempo giusto di permanenza?
«Penso che per un ente pubblico come il Coni debba essere di tre mandati, come il Cio. Per le Federazioni, soggetti giuridici privati, qualcosa di più. L’importante è che le elezioni siano democratiche sotto ogni punto di vista».
Fra qualche mese ci saranno le elezioni e per ora avrà un unico rivale, la ex olimpionica Antonella Bellutti, prima donna a tentare la scalata proprio contro di lei che ha sempre tenuto in grande considerazione le donne...
«Non ce ne sono mai state così tante a lavorare al Coni da quando io sono presidente. All’inizio di questo mandato abbiamo garantito minimo il 30% di presenza femminile in tutti gli organismi, che equivale a dire che già si arriva al 50% o qualcosa di più nei consigli federali. Ma presto ci sarà una novità ulteriore».
Quale?
«Saranno donne almeno 4 su 13 componenti in Giunta e minimo 11 su 28 eletti in Consiglio Nazionale. Sarà il preludio a una nuova classe dirigente».
Con la riforma Giorgetti qualche presidente di federazione, che non era fra i suoi grandi elettori, saltò sul carro della politica. Dopo due anni Petrucci (basket), Gravina (calcio) e Cattaneo (volley) sono dalla sua parte. Come li ha riconquistati?
«Il tempo mi ha dato ragione. La caparbietà e la volontà di difendere il Comitato Olimpico è stata apprezzata e riconosciuta. Anche nella memoria di Onesti, che salvò il Coni dell’epoca, questa battaglia che avrei potuto anche mollare per qualcosa di personale la combatterò fino all’ultimo secondo della mia vita».
Roma avrà un’altra chance olimpica?
«Sì, ma non so se farò in tempo a vederla da presidente».

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