Major Premier Padel: esordio vincente per Di Nenno, l'uomo che visse due volte

Major Premier Padel: esordio vincente per Di Nenno, l'uomo che visse due volte
di Giacomo Rossetti
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Giovedì 26 Maggio 2022, 10:10 - Ultimo aggiornamento: 10:28

Se affronti la morte e sopravvivi, non c'è partita di padel che ti possa spaventare. A maggior ragione se sei un fenomeno, e giochi in coppia con un altro campione. Martin Di Nenno, l'argentino che visse due volte, insieme a Fernando Navarro ha sconfitto - al Major Premier Padel di Roma - Antonio Fernandez e Josè Garcia, binomio spagnolo che non ha potuto quasi nulla contro i vincitori della scorsa tappa del circuito, giocata a Doha a marzo scorso. La partita è una 'masterclass', come dicono gli inglesi, di bravura da parte di Navarro e Di Nenno: il primo set si chiude 6-2, nel secondo i due assi (che non giocano neanche a un terzo delle loro possibilità), danno spettacolo. Di Nenno gioca ogni palla come fosse l'ultima, che sia un rovescio angolatissimo o una volée. Navarro - quando Fernandez e Garcia hanno la malaugurata idea di mettere palle lente o a campanile - fa tremare il campo con degli smash fortissimi che schizzano verso le tribune. Sul 4-1, tutto il gap tecnico emerge palese quando  Navarro recupera (e schiaccia!) una palla ormai fuori campo. Il secondo set termina 6-2, tra gli applausi.

Un ragazzo più forte del destino

Di Nenno, classe 1997, nel 2016 ha rischiato di morire in un incidente stradale in cui purtroppo sono morti i suoi grandi amici Gastón Rodríguez e ad Elías Estrella.

Quest'ultimo era un talento del padel, e con lui Martin aveva vinto un mondiale giovanile con l’Argentina. I tre si stavano recando in Paraguay dal loro Paese, e sono incappati in un terribile schianto con un autobus. Di Nenno è sopravvissuto, ma il suo corpo e la sua anima sono rimasti straziati: femore destro e ginocchio sinistro rotti, 10 giorni di terapia intensiva e tante operazioni chirurgiche, più profondi traumi psicologici. Di Nenno lì avrebbe potuto arrendersi e mollare il sogno di diventare un professionista, ma non l'ha fatto perché il suo amore per la 'pala' era più forte del destino infame. "Tornare a giocare a padel è stato fin da subito il mio unico scopo. Secondo i medici non ci sarei riuscito prima di un anno e mezzo, ma non importava - ha ricordato lui l'anno scorso - L’avrei fatto anche se me ne fossero serviti dieci. Il padel è stato il mio rifugio: senza di quello non avrei avuto nulla a cui aggrapparmi"

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