L'intervista. Vasco Vascotto, lo stratega di Luna Rossa: «Alla Prada Cup sorprenderemo tutti»

L'intervista. Vasco Vascotto, lo stratega di Luna Rossa: «Alla Prada Cup sorprenderemo tutti»
di Francesca Lodigiani
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Lunedì 4 Gennaio 2021, 09:30

Vasco Vascotto, 51 anni, triestino, un palmarès velico da paura (suoi anche una trentina di titoli mondiali), Tattico con la T maiuscola di infinite regate in mezzo mondo (prima della Luna ne macinava 250 all’anno). Sognatore, empatico, entusiasta, la battuta fulminea, una rara capacità di ottenere dalle vele il massimo in termini di performance, e quindi di velocità. Quando due anni e mezzo fa ha risposto alla chiamata di Max Sirena ed è entrato nel team di Luna Rossa Prada Pirelli, era per fare il tattico a bordo, oltre che per occuparsi delle vele e per la capacità di essere un uomo squadra, «un Bostic» – come dice lui - specie per i giovani. Ma non si sapeva ancora la barca con la quale si sarebbe corsa la 36ª Coppa America e quando dal cilindro progettuale del Defender, è uscito l’AC 75, monoscafo volante che raggiunge i 50 nodi in regate di 25 minuti, da disputare in un esiguo rettangolo virtuale, per Vasco, che ci scherza su, è stata metamorfosi «e da 250 regate all’anno sono passato a 0». 
Abolito il ruolo di tattico, quello che fu di Torben Grael?
«Sì e no. L’AC75 è una barca molto fisica, sugli 11 dell’equipaggio i ruoli, diciamo così di testa, sono solo 3, i timonieri e Pietro Sibello che regola la randa. Noi, unici, abbiamo fatto la scelta di avere due timonieri, Bruni e Spithill, per evitare qualsiasi passaggio di uomini da una parte all’altra della barca. Il timoniere che non timona, regola i foil, è flight controller. La tattica non si fa più a bordo, come nelle regate classiche, ma prima, fino a pochi minuti dal via. Io sono sul gommone. Verifichiamo insieme corrente, vento, previsioni, come attaccare nei suoi punti deboli quell’avversario, su quale bordo puntare. A quelle velocità e con i confini virtuali che raggiungi in un attimo, non c’è spazio per la creatività».
Gli altri ruoli a bordo?
«Abbiamo 8 grinder che creano l’energia necessaria per regolare le vele. Ma fanno anche altro. Per esempio Falcone e De Felice hanno il ruolo “antico” di regolare la vela di prua».
La tecnologia prevale sull’uomo?
«No, ma la cosa va vista sulle 24 ore. L’esperienza velica, la nostra, viene trasfusa, passata ai tecnici, tradotta, trasformata. Un incessante lavoro di uomini, di squadra. Scelte continue».
Cosa si prova ad andare a quelle velocità?
«Fa più impressione dal gommone che da bordo, perché lì non hai rumori. Voli e sei stabile, molto stabile. Finché sei stabile. Perché senza preavviso puoi precipitare verso l’inferno. L’adrenalina e il cuore in gola li hai in partenza quando da lati opposti, tu e l’avversario entrate nel box a 45 nodi».
Come è regatare in un rettangolo da flipper?
«Come nel flipper basta non andare in tilt... È diverso. A me piace la vela classica, sono un romantico. Questo è un altro mondo che ha sorpreso anche noi. All’inizio non eravamo convinti, ora però è una grande escalation di cose positive».
Come funziona il match race con questi oggetti volanti?
«Funziona che bisogna far cadere dal foil l’avversario. Oppure costringerlo a virare a bassa velocità e a perdere quota. Noi abbiamo molta manovrabilità e facciamo paura». 
Gli AC 75 li consideri barche?
«Adesso sì. Hanno vele e nascono da architetti navali. Un salto in avanti, una splendida opportunità per i giovani progettisti».
Qual è il bilancio delle regate prenatalizie? 
«Importanti per la consapevolezza e i dati raccolti. Siamo molto competitivi con vento medio leggero, ma anche con medio e forte funziona. E abbiamo ancora tante carte da giocare».
Avete mostrato tutto?
«No».
Gli avversari?
«American Magic: progetto e uomini eccezionali e barca all round, un poco più per vento.

Britannia: pagano, anche causa Covid, la poca navigazione, ma faranno un balzo in avanti. Sono bravi e hanno fondi illimitati».

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