Augusta Masters, Molinari contro tutti sognando la giacca verde

Francesco Molinari
di Francesco De Costanzo
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Lunedì 8 Aprile 2019, 11:30 - Ultimo aggiornamento: 16:36
È come trovarsi immersi in un sogno. L’Augusta National non è un normale, per quanto leggendario, campo da golf: è qualcosa di più. È un luogo che ti incanta con la luce, il verde dei fairways e i colori delle azalee. È il tempio inaccessibile che, ogni anno, e solo per una settimana, apre le porte a chi ha la fortuna di possedere un biglietto. Sono i giorni del Masters, il primo dei quattro major dell’anno, il più giovane essendo nato nel 1934, ma anche l’unico ad avere da sempre una fissa dimora, al contrario degli altri tre (lo Us Open, il British Open e il Pga Championship) che cambiano sede ogni anno. Al Masters partecipano, ovviamente, i migliori giocatori del mondo, ma il numero è contingentato. Un centinaio circa, non di più. I criteri di ammissione sono chiari, ma lasciano enorme spazio alla discrezionalità degli organizzatori. Chi gioca il Masters è sempre un “invitato” e, di conseguenza, gode di un privilegio.
 
ESSERE SPECIALI
Particolare è anche la concezione dello spettatore. È chiamato “patron” perché è titolare di un diritto. Sul suo biglietto avrà una prelazione di anno in anno e quel tagliando diventa un bene prezioso che può addirittura entrare in un asse ereditario o creare problemi in caso di divorzio. La biglietteria del Masters è praticamente sempre chiusa: i pochi posti che tornano disponibili vengono assegnati per lotteria. Con un po’ di fortuna e con un anno di anticipo si può trovare un badge per i giorni di prova. In alternativa c’è il bagarinaggio: ma bisogna avere qualche migliaio di dollari a disposizione, da aggiungere al costo del viaggio e al carissimo soggiorno, dal momento che in questa settimana di aprile (storicamente la prima, da quest’anno la seconda) i prezzi di una stanza d’albergo tendono ad aumentare per lo meno di cinque volte. Il Masters è un affare dalle proporzioni gigantesche. Tutti i diritti, anche quelli televisivi, sono di proprietà del circolo. Il marchio è potentissimo e domina ovunque: su ogni prodotto, dai sacchetti per i sandwich, ai bicchieri di carta, ai tovaglioli. In giro non si vedono altri loghi, eppure gli sponsor esistono e sono di grande prestigio. Il concetto è più o meno questo: noi non ti mostreremo, ma tu potrai raccontare di essere partner del Masters. Un privilegio, appunto. Quello del merchandising è un capitolo a parte: ci sono due pro shop grandi come supermercati, e altri più piccoli disseminati sul percorso. Alcuni riservati solo ad ospiti privilegiati. Sono tutti presi d’assalto come un grande magazzino alla vigilia di Natale. In una sola settimana il fatturato si avvicina ai cento milioni di dollari. E il motivo è semplice: un prodotto marcato Masters lo puoi trovare solo qui e solo in questa settimana. Mai prima, mai dopo, mai altrove. I “patron” fanno incetta di prodotti. Li comprano per sé e per gli amici, ma anche per rivenderli a prezzi raddoppiati o triplicati.

LARGO ALLE DONNE
Quest’anno il Masters ha scritto un nuovo capitolo della sua leggendaria storia: ha aperto le porte al torneo femminile al quale hanno preso parte 72 dilettanti tra le migliori del mondo. Dopo due giri di qualifica al Champions Retreat Club, solo trenta hanno potuto provare il brivido di giocare sul percorso dell’Augusta National. Al via c’erano quattro giocatrici italiane, ma solo la diciassettenne Caterina Don è riuscita a superare il taglio, chiudendo poi con un ottimo 12° posto. Ha vinto l’americana Jennifer Kupcho, numero uno del ranking, mondiale, ma ha vinto ancora una volta il fascino dell’Augusta National. Per la finale di sabato erano stati messi in vendita 20.000 biglietti a 75 dollari l’uno. Già una settimana prima erano terminati. Un successo pazzesco, considerato che non erano di scena le star del circuito mondiale, ma ragazze giovanissime con un futuro ancora da costruire. 
Lo spettacolo (anche dal punto di vista tecnico) è stato dunque eccezionale. Ora tocca ai maschi, ai campioni consacrati. Da giovedì 11 a domenica 14 si sfideranno i migliori del pianeta. Occhi naturalmente puntati su Tiger Woods, sempre all’inseguimento del suo 15° major e che qui ha vinto già quattro volte (l’ultima 19 anni fa) e su tutti gli altri big: da Dustin Johnson (numero uno del ranking) a Justin Rose (numero due); da Rory McIlroy (che insegue il suo primo Masters per completare lo slam) a Brooks Koepka, dal “vecchio” Phil Mickelson all’idolo dei teenager americani Rickie Fowler. E poi c’è lui, Francesco Molinari, che, se contassero solo i risultati dell’ultimo anno, sarebbe il numero uno al mondo. Francesco, numero 7 del ranking reale, è ormai stabilmente uno dei giocatori da battere. Il suo swing, da un punto di vista tecnico, rappresenta la perfezione. In tanti lo considerano il miglior del circuito. Ma c’è dell’altro: con le sue vittorie (Open Championship e Ryder Cup su tutte), Molinari ha dato prova di grande maturità mentale. Tutti lo temono, ormai, ma lui non si scompone. Va in campo e gioca. Come sa. Senza timori. Chi vince il Masters può indossare la mitica giacca verde. C’è da giurarci che i sarti di Augusta ne hanno pensato una anche per lui.
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