Boxe, il romano Francesco Russo "Dinamite" nuovo campione italiano dei superwelter

Boxe, il romano Francesco Russo "Dinamite" nuovo campione italiano dei superwelter
di Marco Pasqua
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Giovedì 3 Novembre 2022, 17:31 - Ultimo aggiornamento: 17:32

Negli anni in cui Francesco Russo, romano di Monte Mario, combatteva sul ring da dilettante, era diventato sempre più difficile trovare degli avversari pronti a sfidarlo. Sarà stato quel soprannome, Dinamite, e la sfilza di Ko che aveva messo a segno, fatto sta che il passaggio a professionista fu quasi obbligato. Ora, a 31 anni compiuti, arriva anche il primo titolo italiano, quello dei superwelter, al termine di un match spettacolare, disputato all'Atlantico, sabato scorso, contro il romano (di Anzio), Francesco Sarchioto, e chiuso con un Ko tecnico all'ottava ripresa. All'attivo ha 12 vittorie, di cui 10 per Ko.
Per lei questa rappresenta la prima cintura. Quanto l'ha desiderata?
«Sono sincero, combatto per il gusto di combattere e per dare spettacolo. L'obiettivo è vincere e crescere, ovviamente. Ma i titoli non rappresentano un traguardo».
Partiamo dalla sua carriera. Lei ha iniziato tardi a praticare il pugilato...
«E' vero, a 23 anni. Prima ero calciatore, anche abbastanza forte. Poi sono entrato in una palestra, e non ne sono più uscito. La verità è che ero da sempre un appassionato di sport di combattimento».
La sua famiglia l'ha sostenuta?
«Diciamo che sono una persona che non si fa ostacolare, quando prende una decisione. In ogni caso, in famiglia sono l'unico a praticare il pugilato».
Dove si è allenato?
«Per sette anni a Bastogi, da Aurelio Pili. Poi, dopo una sconfitta che mi ha segnato, dallo scorso mese di dicembre, sono passato con Mario Massai, maestro di Civitavecchia».
Da cosa deriva il suo soprannome, Dinamite?
«Prima ancora che iniziassi a fare boxe, sui social mi chiamavo così. Era uno dei nickname di Mike Tyson, il mio mito. E a lui mi sono sempre ispirato».
Quella dei superwelter non è stata sempre la sua categoria, però. A cosa è dovuto il cambio di peso?
«Da dilettante ero un peso medio (75 chili), ma mi sono reso conto, anno dopo anno, che quella non era la mia dimensione. Adesso, allenandomi, sono dimagrito e mi sento più a mio agio. E i risultati si stanno vedendo».
Molti pugili devono fare altre lavori per mantenersi, lei, invece, punta tutto sul pugilato...
«Nella vita ho fatto di tutto. Dal cameriere all'operaio, dal barman al segretario in un solarium. Ma a un certo punto mi sono reso conto che per allenarmi seriamente non dovevo fare altro. E così mi sono dedicato alla boxe, grazie anche alla Opi Since 1982 che ha iniziato a seguirmi».
E' vero che dopo la sua ultima sconfitta aveva pensato di ritirarsi?
«Purtroppo sì. E' successo nel novembre dello scorso anno, quando persi contro Tony Dixon. Pensavo fosse la cosa più giusta da fare, non perché avessi perso l'amore per questo sport, ma perché credevo fosse arrivato il mio momento. E, invece, non è andata così».
Tanti pugili si lamentano del fatto che la boxe paghi poco...
«Penso ci sia troppo vittimismo. E, inoltre, c'è un problema di fondo: la verità è che, spesso, i match non sono entusiasmanti e la gente non è disposta a pagare molto per vederli. Secondo me, i pugili dovrebbero impegnarsi di più per far salire il loro livello e quello degli incontri a cui prendono parte: a quel punto sono sicuro che il pubblico pagherebbe di più».
Dopo questo titolo, pensa già al prossimo match?
«Sì, voglio difenderlo il prima possibile, anche il mese prossimo, ma so che ci sono dei tempi tecnici per organizzare una riunione».

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