Tennistavolo, Elisa Trotti e l'incidente che le ha cambiato la vita: «E ora ricomincio con la sinistra»

Elisa Trotti
di Alessandra Camilletti​
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Mercoledì 1 Marzo 2017, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 17:08

«Nel primo periodo è stato difficile fare qualsiasi cosa. Per vestirmi ci mettevo mezz’ora». Elisa Trotti, 22 anni, bresciana di Angolo Terme, il ping pong nel Dna. Giocatrice in serie A e nella Nazionale italiana, che a causa di un incidente stradale ha perso il braccio destro. Il suo braccio forte, anche dello sport che pratica dalle elementari e che ha deciso di riprendere dopo il duro colpo. Un esempio di forza, di tenacia. A luglio, mentre a Rio andavano in scena le Olimpiadi, l’atleta, in sella alla moto condotta da un amico, scivola sull’asfalto, finisce tra i rovi. «In ospedale mi fecero una Tac perché temevano lesioni interne, che comunque non c’erano. Quando sono uscita di lì ho sentito il medico dirmi: “Mi dispiace, non siamo riusciti a salvarlo”. Io non mi ero accorta di aver perso il braccio destro».
Qual è stato il primo pensiero?
«Ho guardato il soffitto bianco e ho avuto la sensazione di guardarlo per tre ore e invece erano dieci secondi. Poi siamo entrati in sala operatoria».

 

Com’è stato ripartire da un lato diverso, nel vero senso della parola, e imparare a fare tutto con la sinistra?
«Ho dovuto avere tantissima pazienza per imparare e meccanizzare movimenti mai fatti in ventidue anni. Adesso, dopo otto mesi, faccio praticamente tutto».
Qualcosa che ancora non le riesce?
«Le uniche due cose sono tagliare la carne e fare la coda ai capelli».
Com’è stato riprendere la vita di tutti i giorni?
«È stato ed è ancora un percorso difficile. Ma è anche bellissimo, perché sto scoprendo cose di me che non avrei mai pensato. E, appunto, imparare a fare tutto con una mano».
Quando ha pensato di iniziare di nuovo a giocare?
«Per due mesi non ho voluto sentir parlare di tennistavolo. Ho guardato le Olimpiadi, ma dicevo di voler cambiare vita. Ero in un momento di crisi. Ma è sempre stata la mia vita e la mia vita mi mancava, la passione c’era. Poi guardando le Paralimpiadi, vedendo tanti atleti che hanno ripreso in mano la loro vita e ce l’hanno fatta, ho pensato che anche io ce la potevo fare».
Qual è lo stimolo?
«Ho detto sin dall’inizio che la cosa importante è che io sia viva. Quella notte mi è andata bene, sono stata fortunata. Con l’affetto della famiglia e degli amici sono riuscita a riprendermi quasi subito. So che le difficoltà saranno nei primi due anni. Metterò tutta la forza che ho per vivere serena la mia vita, fare sempre di più».
L’obiettivo prima dell’incidente?
«Il sogno di ogni atleta è arrivare alle Olimpiadi. Negli ultimi due anni avevo iniziato a seguire i bambini, non solo per passione ma anche per arrotondare a fine mese: il ping pong non è proprio tra gli sport più pagati. Avrei giocato in serie A e sarei rimasta ad un buon livello. Avrei pensato di più al futuro concreto che al sogno».
Si è subito posta l’obiettivo di Tokyo 2020. Quale sarà il percorso?
«Da un paio di mesi seguo un percorso riabilitativo. Tra un paio di settimane avrò un’operazione importante, per sistemare la frattura alla spalla e ricostruire chirurgicamente tre tendini. L’esito potrebbe portare ad una protesi perfetta per giocare a tennistavolo, ma è un grande punto di domanda. Sarà un percorso difficile, vedremo come andrà».
Giocare con la sinistra, come ha iniziato a fare ora?
«Se non dovessi riuscire con la protesi, proverei con la sinistra. Tokyo potrebbe essere troppo vicina, ma ci proverò lo stesso».
Com’è rappresentare l’Italia in Nazionale?
«Rappresentare il tuo Paese è orgoglio e soddisfazione. Non è semplice, ma è bellissimo».
Com’è stato incontrare Bebe Vio?
«Incontrare una persona che ha vinto un oro olimpico è un onore, la sua situazione è un valore aggiunto. Vive le difficoltà in maniera quasi spensierata».
Quanto le ha dato lo sport in questo, per la ripartenza?
«I miei quindici anni di sport sono la mia parte matura di adesso. Lo sport insegna ad affrontare le situazioni, a non lasciare andare mai neanche una minima cosa, a lottare sempre fino all’ultimo punto. Ed è quello che sto facendo adesso nei confronti di questa difficoltà che mi si è presentata. Inconsciamente, lo sport mi ha insegnato ad affrontare la vita».
Cos’è ora la forza?
«Credere in se stessi: se una cosa riesci a pensarla puoi anche farla.
Avere tante persone vicino mi ha dato forza: la famiglia, il paese, il mondo del tennistavolo. Grazie a loro ho creduto in me e ora vado avanti con la forza che ho io dentro». 

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