Eddy Merckx: «Oggi in pochi amano davvero la bici. Pogacar è grande, italiani siete pigri»

Alla vigilia della Liegi, il corridore più vincente della storia del ciclismo traccia un quadro a tinte fosche

Eddy Merckx: «Oggi in pochi amano davvero la bici. Pogacar è grande, italiani siete pigri»
di Pietro Cabras
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Venerdì 21 Aprile 2023, 23:54

Ho perso il conto, ragiona Eddy Merckx, 77 anni, in perfetto italiano. Ha perso il conto di quante volte da 45 primavere, da quando smise di torturare bici e avversari, anno 1978, cominciarono a chiedergli se vedesse nel ciclismo un nuovo Cannibale. Un esercizio inutile, soltanto perché un altro Merckx dovrebbe mettere in fila 525 vittorie in quattordici anni, e tra queste cinque Tour de France, una Vuelta, cinque Giri d’Italia, tre Mondiali da professionista, 27 classiche tra cui sette Sanremo, cinque Liegi, tre Roubaix, due Fiandre, due Lombardia, tre Frecce e un record dell’ora, en passant. 

Oggi Eddy vive serenamente a Nord di Bruxelles, a Meise, nel Brabante fiammingo, dove si stabilì nel 1980 aprendo una fabbrica di biciclette con il suo nome.

L’uomo-leggenda che ha vinto più di tutti nella storia del ciclismo fa il commentatore per la Tv belga, gira con moderazione a raccogliere onorificenze, come due settimane fa quando la Roubaix gli intitolò un tratto di pavé, e fa il nonno, «anzi il bisnonno, è appena nata una nipotina». Domani si godrà da casa la Liegi-Bastogne-Liegi, una delle gare che ha vinto più volte perché, semplicemente, la Decana non ammette bluff: dopo la successione di “cote” arriva sempre il più forte. 

Chi sarà il favorito, a Liegi?
«Io dico Remco Evenepoel. Si sta preparando per questo. Ed è ora che vinca, se no non saprei quando lo farà. Il suo numero al Mondiale in Australia è stato un grande gesto. Ma deve dimostrare di essere superiore a Pogacar».

Dopo il Fiandre, lei ha parlato benissimo dello sloveno.
«Lo confermo. Pogacar mi piace molto. È completo, corre tutto l’anno, fa le classiche, fa la Roubaix, fa tutto. Non è di quelli che si vedono soltanto nelle corse a tappe»

È quello che faceva lei, in poche parole.
«Beh, sì».

Quali sono le sue doti migliori?
«È un corridore completo, ripeto, va in salita, va sulle pietre, va dappertutto, sa gestirsi, sa correggere gli errori, si sa migliorare. E vince».

Pogacar ha vinto Fiandre e Tour come riuscì solo a lei e a Bobet. Ora ha fatto un tris consecutivo - Fiandre, Amstel e Freccia - che invece non riuscì nemmeno a... Merckx. Che effetto le fanno questi continui paragoni che la riportano a mezzo secolo fa?
«Mi fanno piacere. Ma soprattutto sono contento di vedere che c’è un corridore che non prepara soltanto una corsa. Il ciclismo non è solo il Giro d’Italia o il Tour de France, il ciclismo è tutto l’anno».

C’è qualcuno che prima di Pogacar aveva queste caratteristiche, che le piaceva per queste doti?
«Non me lo ricordo, sinceramente»

Perché tanti corridori non hanno questo atteggiamento. O si chiama coraggio?
«Perché... non lo so. Pensano solo a una gara, le altre è come se non interessino, mah. I corridori di oggi evidentemente non amano davvero correre in bicicletta, nel ciclismo ci vuole passione. Pogacar ama fare le corse, si vede, non solo gli allenamenti»

Cosa le piace del ciclismo di oggi?
«Mi piace lui. L’ho conosciuto un paio d’anni fa in Italia, da uno sponsor comune, è un ragazzo tranquillo, non è uno montato. È un corridore che sa vincere le gare importanti, e farà sue anche Roubaix e Sanremo, anche se lui dice che sarà difficile>.

Altri?
«C’è Van der Poel, forte, non ancora così completo. So da dove arriva, correvo con il nonno, Poulidor».
Lei aveva tanti rivali italiani, Gimondi su tutti. Ora il ciclismo italiano non è più protagonista, a parte Ganna.

Come si spiega questa crisi?
«E’ evidentemente troppo duro per i ragazzi italiani. Da voi piacciono di più il calcio, o altri sport. Il ciclismo è faticoso...». 

 

Lei aveva una corsa che amava più di altre?
«No, mi piacevano tutte, non avevo preferenze»

Va ancora in bici, Eddy?
«Certo, ma senza strafare. Ho il mio gruppo di amici, facciamo belle uscite. Quando non è brutto tempo, s’intende»

E quanti chilometri fa?
«Mah, dipende. Una cinquantina quando sono in gruppo, da solo magari trenta, quaranta. Ma non rischio, no, vado su strade tranquille».

La fermano, la riconoscono?
(ride) «Beh, direi di sì».

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