Donne e sport, gli enti di promozione sportiva: «Azioni comuni contro l'abbandono»

Donne e sport, Eps contro gli stereotipi: «Azioni comuni per combattere l'abbandono»
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Mercoledì 22 Settembre 2021, 18:31 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 16:00

Le donne e lo sport, un matrimonio che - spesso - non s'ha da fare. Eppure, solo quest'anno, tante sono salite sul tetto del mondo, o ci hanno permesso di sognare. Federica Pellegrini, per dire, non vi ricorda niente? Eppure (ancora), a livelli amatoriali, sono in tante a rinunciare all'attività fisica. Ed è qui che entra in campo il progetto "Jump the gap". Condotto con il finanziamento e il contributo operativo di Sport e Salute Spa, ma soprattutto grazie agli enti di promozione sportiva Acsi, AiCS, Csen e Libertas, ha diverse linee guida per colmare le differenze e dare un calcio agli stereotipi: formazione rivolta a tecnici sportivi e famiglie, servizi di welfare familiare da inserire nell’offerta delle associazioni sportive, e campagne mediatiche di sensibilizzazione. Ma andiamo con ordine.

Da una ricerca condotta dall'Università degli studi di Padova su un campione di 4600 intervistati, di cui 2800 donne e il restante uomini, dagli undici anni in su, si è, infatti, evinto come alla figura femminile venga spesso accostato il termine famiglia, come se fosse solo nell'ambiente e nel calore famigliare che una donna possa affermarsi, ed è da qui che si deve partire.

Perché il problema non è solo come gli uomini ci vedono, ma come noi stesse ci vediamo: una su tre indica gli impegni famigliari tra le prime tre cause di abbandono dello sport (e solo una su sei indica il far carriera nel mondo del lavoro tra le prime tre cause). Ma non solo: se una donna dovesse lasciare lo sport, chiederebbe aiuto al suo partner - dicono quattro uomini su dieci, inserendo questa voce entro le prime tre posizioni - mentre loro, gli uomini, chiederebbero aiuto al coach.

Ma uno spiraglio, appunto, c'è: i media, per esempio. Che sono tra i pochi a trattare l’argomento riconoscendo, nel 30% dei casi, che l’ostacolo alla carriera sportiva per una donna è proprio il genere. Assieme a loro, gli operatori sportivi di base: gli unici a presentare idee e soluzioni in merito.

Donne e sport, i dati

Secondo i dati raccolti: il 48% degli intervistati ritiene lo sport tra i tre elementi più importanti nella vita di una donna, ma prevalentemente per questioni legate alla salute e non alla socialità. Infatti, solo il 5% delle donne risponde che riprenderebbero lo sport per «stare a contatto con altre persone» e solo il 6% per «i valori che trasmette».

QUESTIONE FAMIGLIA. Una versione stereotipata della donna, che la donna stessa esprime, e che è però più forte nelle persone adulte: se a rispondere sono gli adolescenti, infatti, la percentuale di chi vede nella famiglia un ostacolo per le donne, scende al 9%. Sono gli adolescenti che praticano sport, infatti, che nella relazione che può intercorrere tra la scelta di una donna di abbandonare lo sport e un elemento che più di un altro influenza tale decisione non collegano la scelta allo stereotipo che lega donna e famiglia (tant’è che la famiglia è scelta come aspetto meno influente). Dopo la famiglia, gli altri ostacoli per un’attività sportiva costante, restano lavoro e studio.

A dirlo sono dunque i ricercatori di Unipd che rimarcano come in pochi si sentano colpiti dal problema: per solo il 21% degli intervistati, la “questione femminile” nello sport è un problema che li riguarda. «Dai testi analizzati - rimarcano i ricercatori – emerge un’alta deresponsabilizzazione rispetto a ciò che sarebbe necessario fare». Insomma, la maggior parte degli intervistati ammette che le differenze di genere ci sono, ma lascia alle istituzioni idee e soluzioni.

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Lo sport di base scende in campo contro il gender gap

Dunque, che fare? Di fronte agli stereotipi, secondo ricercatori ed enti di promozione sportiva committenti, le azioni da mettere in campo devono essere sia di sensibilizzazione e educazione, sia pratiche e attente alle esigenze delle donne. Previsti: interventi formativi rivolti agli operatori sportivi e alle famiglie; promozione di politiche di “welfare” dedicate alle famiglie e da inserire tra i servizi offerti dalle associazioni e società sportive; il coinvolgimento degli operatori sportivi nella promozione dell’accessibilità allo sport e della responsabilità condivisa di comunità nei confronti delle differenze di genere; l’attivazione di campagne di educazione rivolte ai giovani e campagne promozionali pubbliche; l’organizzazione di eventi sportivi e culturali di comunità dove a essere coinvolta sia la famiglia, tutta insieme: questo a dimostrazione di come lo sport di base non sia solo benessere fisico ma anche socialità e salute psichica contro ogni forma di discriminazione, anche di genere.

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