Milano-Sanremo, Demare: «La vittoria? Ancora non ci credo»

Milano-Sanremo, Demare: «La vittoria? Ancora non ci credo»
di Francesca Monzone
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Sabato 19 Marzo 2016, 21:29 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 23:19

Arnaud Demare è il nuovo campione della Sanremo. Una vita dedicata alla bici la sua nonostante la giovanissima età, ventinque anni. E’ figlio d'arte, si allena con il papà che lo segue in motorino e ha mosso i primi passi nella squadra dello zio. Semplice e brillante non si vanta per questa vittoria, è convinto di migliorarsi andando a vincere ancora delle classiche.
In corsa lei è caduto a 30 chilometri dal traguardo e poi è riuscito a rientrare e vincere. Come ha realizzato questa incredibile impresa?
«Quando sono caduto inizialmente ho abbassato le braccia perché pensavo che la gara per me fosse ormai finita e mi ero arreso. Poi il mio direttore sportivo mi è passato vicino con la macchina rassicurandomi. Mi ha detto che avanti c'era la squadra che mi poteva aiutare a rientrare e in particolare Bonnet che è stato decisivo sulla Cipressa. Insomma, mi hanno posizionato bene ai piedi del Poggio e poi ci sono quei giorni fortunati dove tutto ti sorride e malgrado il dolore alle gambe ho fatto tutta la salita e poi è subentrata l'adrenalina che ha fatto tutto il resto».
La sua volata verso la vittoria è stata perfetta. Nonostante la sua giovane età ha dimostrato di saper giocare bene le sue carte.
«Ho deciso di lanciare la volata da lontano perché a me la volata piace fatta proprio in questo modo ad un certo punto mi è sorto anche il dubbio che qualcuno mi fosse davanti. Avevo perso il filo delle code e alla fine è stata una giornata veramente straordinaria».
L'ultimo francese a vincere la Milano-Sanremo prima di lei era stato un giovanissimo Laurent Jalabert nel 1995 che poi ha vinto tantissimo, comprese gare a tappe. Anche lei pensa di fare queste gare?
«Per il momento vincere una corsa così importante come la Sanremo mi sembra una cosa importantissima. Le gare a tappe sono un'altra cosa, ci vuole più esperienza e già lo scorso anno nelle gare del calendario World Tour ho avuto dei problemi. Per il momento mi accontento così, la Sanremo è una delle cinque classiche che ogni corridore sogna di vincere e con questa vittoria sono contento di aver onorato il mio paese nello stesso modo in cui lo fece Jalabert nel 1995».
Gaviria era uno dei favoriti in una volata nel finale. La sua caduta ha influenzato in qualche modo la sua strategia e quindi il risultato finale?
«Purtroppo questo fa parte del ciclismo e sono cose che possono accadere a chiunque. Anche a me alla Roubaix lo scorso anno è successo di cadere a 30 chilometri dal traguardo quando ho avuto problemi ad una ruota; al Fiandre un salto di catena. Fanno parte delle volate incidenti del genere. Comunque io ero già ben posizionato quando Gaviria è finito a terra, quindi penso che alla fine non abbia influenzato nulla e che il finale sarebbe stato comunque questo».
Lei ha svolto un allenamento mirato per questo tipo di volate che poi si è rivelato determinante per vincere una classica?
«Io ho 25 anni e sono diventato professionista nel 2012 quindi molto presto e ho fatto delle scelte che ora si sono dimostrate vincenti, come ad esempio la scorsa settimana quando durante la Parigi-Nizza avevo male ad un ginocchio e ho preferito ritirarmi piuttosto che rischiare e compromettere poi la Sanremo. Quindi posso dire che le scelte alla fine ripagano e di aiuto è stato sicuramente anche il lavoro di recupero che ho fatto a casa, che mi ha aiutato insieme alla mia famiglia ad ottenere questo risultato».
Lei principalmente si allena da solo e forse è più pesante questo per un corridore, cosa pensa in quei monti di solitudine. Pensava a come avrebbe affrontato questa corsa?
«A dire il vero ho iniziato a pensare alla Sanremo soltanto lo scorso mercoledì mentre mi allenavo, proprio perché avevo avuto quel problema al ginocchio in Francia e dovevo capire bene cosa fare. Ho corso 205 chilometri, i primi 100 da solo poi sono stato raggiunto come sempre da mio padre, che mi segue nell'allenamento con il suo motorino. Pensavo alle classiche che durano 6 ore e alle endurance, la sera ero molto stanco ma ho pensato che nonostante la fatica avrei fatto una buona gara».
Come è diventato ciclista?
«Io vengo da una famiglia di ciclisti, tutti corriamo e anche mio padre è un corridore, tanto che oggi aveva una gara, siamo immersi totalmente nel ciclismo. Mio zio è il presidente della squadra con la quale ho iniziato a correre da ragazzino e anche tutti i miei cugini corrono. Quindi penso che fosse inevitabile una scelta del genere. Ho iniziato da piccolo a correre ed era un gioco e anche oggi che sono grande il ciclismo continua ad essere per me un gioco».
Cosa vuol dire per lei salire sul gradino più alto del podio alla Sanremo?
«Sicuramente un grande onore considerando anche che Swift e Roelandts sono ottimi corridori che hanno fatto già tanto.

Non era scontata la mia vittoria, e vincere questa corsa vuol dire avere avuto la capacità di fare veramente qualcosa di grandioso nella storia di questo sport».

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