Tamberi: «Ho pianto quando ho saputo del rinvio dei Giochi»

Tamberi: «Ho pianto quando ho saputo del rinvio dei Giochi»
di Gianluca Cordella
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Lunedì 11 Maggio 2020, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 15:42

Se Tamberi non va alla competizione, la competizione va da Tamberi. E così Gimbo, metabolizzato non senza qualche lacrima il rinvio dei Giochi di Tokyo, i suoi avversari olimpici si appresta a sfidarli in streaming, ognuno da casa sua. «Ci siamo sentiti con Barshim, Starc e gli altri per capire se c’era la possibilità di fare una gara. E alla fine è venuta fuori l’idea di fare a giugno una specie di mini circuito in due o tre tappe in cui ci sfidiamo in diretta streaming. Vorremmo fare una cosa ben strutturata, coinvolgendo i media. Vedremo: il problema è che molti non hanno avuto la possibilità di allenarsi in queste settimane e a giugno non saranno pronti per saltare». 

La sfida di salto con l’asta nel giardino di casa tra Lavillenie, Duplantis e Kendricks ha fatto scuola?
«In realtà alla nascita di quell’evento ho collaborato anche io perché con Renaud inizialmente pensavamo di fare una sfida mista tra asta e alto. Poi a lui e Mondo si è aggiunto anche Sam e allora mi sono fatto da parte. Ma è stata una trovata simpatica e divertente da vedere».

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I tre astisti si sono sfidati non sull’altezza, ma sulla ripetitività del gesto (non vinceva chi saltava più in alto ma chi scavallava più volte i 5 metri in mezz’ora). Format esportabili nell’atletica “vera”?
«Non credo. Perfetti per questo momento particolare, ma l’atletica non è uno sport che rende in tv come la F1 o il ciclismo. L’atletica devi vederla del vivo. E quando dal vivo vedi Tortu che corre i 100 in 9”99 o Stecchi che salta 5,75 con l’asta dici “cavolo, che cosa pazzesca”. Dal divano non ti rendi davvero conto del gesto. Per questo se riusciremo a realizzare il nostro progetto lo faremo con il format reale della gara, magari con qualche accorgimento come la rincorsa più breve».
Scalpita dopo la ripresa degli allenamenti?
«Devo dire che l’isolamento è andato abbastanza bene, anche perché a casa ho uno spazio all’aperto in cui ho portato tutto il materiale per allenarmi e quindi sono stato sempre in attività. Certo poi tornare al campo è tutta un’altra cosa...».
Aveva anche lei il tifo dai balconi come Tortu?
«No, da me non ci sono balconi che affacciano sulla pista. Niente tifo, quello spero di ritrovarlo presto in gara». 
La gamba come risponde?
«Fin troppo bene per una stagione che non c’è. Davvero: la preparazione per le Olimpiadi stava andando benissimo. Ora stiamo approfittando per lavorare molto sulla tecnica, per perfezionare il gesto tecnico, sfruttando il fatto che la tensione è a zero visto che non ci sono gare in vista». 

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Peggio ripartire dopo un infortunio ma con le Olimpiadi che la motivano o dopo uno stop senza problemi fisici ma senza gare davanti?
«La situazione attuale è complicata: non è facile mantenere alte le motivazioni senza traguardi, Ma il ritorno da un infortunio è una tortura, una cosa che non è paragonabile con niente. Trovi ostacoli continui tra te e quello che vorresti essere. Ho passato due anni di piena frustrazione, nei quali non riuscivo nemmeno a essere me stesso nella vita normale per quanto vivevo male la situazione». 
A proposito di frustrazione: le Olimpiadi continuano a sfuggirle...
«Ho vissuto molto male la notizia del rinvio. Intendiamoci: era inevitabile, ma cercavo di tenere questo pensiero il più possibile lontano da me per concentrarmi sugli allenamenti. Quando le hanno rinviate ufficialmente è stato un discreto shock e mi è scesa più di qualche lacrima. Poi razionalizzi e capisci che era la cosa giusta da fare, ti rimbocchi le maniche e vai avanti pensando che un anno in più non cambia niente». 
Non si sente penalizzato?
«Sicuramente non sono avvantaggiato, come i più giovani che avranno un altro anno per crescere. Ma per capire chi sarà penalizzato bisogna vedere la testa. A livello fisico credo che la differenza tra chi ha 28, 30 o 31 anni sia difficile da percepire. La differenza è se non ce la fai più a investire tutto te stesso nel tuo sport, rinunciando a tutto il resto, perché è così che vivi se vuoi ambire a qualcosa di grande. Chi non riuscirà più ad accettare le privazioni sarà penalizzato».
Cosa lascerà questa pandemia?
«Spero che non lasci le persone segnate da paure troppo profonde. L’attenzione è importante ma non bisogna farla sfociare in fobia. Vorrei vedere il mondo che torna alla normalità, con grande slancio per lasciarsi alle spalle tutto questo. E chissà che proprio Tokyo non possa essere il momento della rinascita».

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